Auguri Carla Porta Musa
I 109 anni della scrittrice

Carla Porta Musa compie 109 anni: nei ricordi di Dino Risi, suo parente, l'imperdibile racconto di un altro compleanno festeggiato insieme, quello per i 102 anni. E sul giornale "La Provincia" di martedì 15 marzo una grande esclusiva, la corrispondenza inedita tra la scrittrice e il grande regista

"I primi a invecchiare sono i giovani". L'aforisma è di Dino Risi, raccolto in un libretto ("Vorrei una ragazza", 2001) di felice arguzia e riciclato dal suo stesso artefice qualche anno dopo ponendolo in esergo alla pagina che dedica al centoduesimo compleanno di Carla Porta Musa in "I miei mostri" (2004), scorreria autobiografica del regista. All'epoca Risi ha ottantasettenne anni e una cinquantina di film lungo una carriera cominciata quasi per caso dalle nostre parti. Giovane psichiatra ("Stanco di curare gente che non guariva, mi sono dato al cinema": un autoritratto in una dozzina di parole) era stato trascinato dall'amico Alberto Lattuada sul set di "Piccolo mondo antico" (1941), tra Lario e Ceresio, nominato sul campo aiuto regista di Mario Soldati (che probabilmente gli non perdonò mai un innamoramento di Alida Valli, detto tanto per incernierare ulteriormente i legami comaschi, perché c'è sempre "Una vita difficile" in non piccola parte ambientato sul Lario). "Per i centodue anni di una mia quasi zia andai a Como dove la festeggiavano", scrive Risi coniugando il ricordo con un tempo imperfetto - "Si chiamava Carla, scriveva romanzi, aveva un bel pubblico femminile" - che là dove si trova - il regista se ne è andato nel 2008 - allargherà il sorriso del memorialista di pagine che aveva dedicato "a chi leggerà con indulgenza questa mia vita disordinata". Della "quasi zia" (la parentela è stata spiegata dall'interessata: i rispettivi bisnonni erano fratello e sorella) che "organizzava dei mercoledì letterari" (cui Risi medesimo fu tra gli eccellenti ospiti) annotava anche che "era lucidissima, una memoria di ferro, camminava veloce, appena appoggiata a un bastone d'argento". E per il compleanno "c'era la televisione, le offrirono dei fiori e una torta con centodue candeline che spense con un soffio solo". Dopo una reminiscenza di passate cronache ("Il pranzo in suo onore ebbe luogo a Villa d'Este di Cernobbio, nella stessa sala dove cinquant'anni prima, nel 1948, la contessa Pia Bellentani uccise con un colpo diritto al cuore di una piccola pistola il suo amante Carlo Sacchi che l'aveva chiamata 'terrona'"), la pagina si rivolge direttamente alla festeggiata: "Chiesi alla quasi zia Carla se ormai lo scettro della più longeva del lago era suo. Rispose con un sospiro: 'Purtroppo, c'è ancora una Bartesaghi di Bellagio che va per i centotré'. Si alzò la voce di una novantenne dipinta coi colori di un gallo cedrone: 'Ma no, ho saputo proprio ieri che ha avuto una crisi di cuore…'. Ci fu un piccolo applauso subito spento dalla Carla: 'Siete molto gentili, ma lo dite per farmi piacere, lo so… Comunque grazie…'". Chi c'era potrà dire, ma lo schizzo ha la levità della commedia. Tanto più che nel libro la pagina si colloca tra un tragicomico rendez vous di Risi con Anita Ekberg e un'agra visita del regista all'amico di una vita Alberto Lattuada vittima ormai dell'Alzheimer, ma pur sempre "grande erotomane", ponendo anche Carla Porta Musa nell'intreccio di una commedia lunga un secolo dove la vita è andata in scena più del cinema. Nel cinema, peraltro, la "quasi zia" di uno dei maggiori esponenti della commedia all'italiana avrebbe voluto entrare fin da giovanissima, da attrice, ammaliata da Greta Garbo. Poi non le sarebbe dispiaciuto vedere trasposto il suo "Virginia 1880" sul grande schermo, come rivela la corrispondenza di Carla Porta Musa ordinata da Gina La Rovere nell'archivio della Biblioteca comunale di Como, interlocutore, a metà anni cinquanta, Dino Risi. Il quale disillude la scrittrice: per il cinema italiano non è tempo di film in costume che, comunque, da regista non girò quasi mai, dopo l'iniziazione di "Piccolo mondo antico". Avrebbe trasposto invece più di un romanzo, da "La nonna Sabella", dal romanzo di Pasquale Festa Campanile, un soggetto che proprio in quegli anni s'inseriva nella linea del successo di "Poveri ma belli", a libri di Giovanni Arpino ("Anima persa", "Il buio e il miele" diventato il celeberrimo "Profumo di donna") e Piero Chiara ("La stanza del vescovo"). Tutte vicende contemporanee, tutte storie in sintonia con il finto cinismo e la battuta fulminante di Dino Risi: "Il bello del morire è che non  bisogna fare le valigie". 

Bernardino Marinoni

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