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Mercoledì 23 Marzo 2011
Posti per i profughi a Como?
Solo trenta in radioterapia
L'ipotesi discussa al tavolo provinciale, ma il reparto di via Napoleona va ancora liberato. E per il ministro Maroni gli arrivi sul Lario potrebbero essere molti di più: circa seicento
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In città: improponibile, secondo il sindaco, Stefano Bruni, l'utilizzo dell'ex dormitorio di via Sacco e Vanzetti, chiuso, con i suoi 60 posti letto, servizi, spazi comuni, 850.000 euro di investimento. E' troppo in mezzo alle case. L'ex scuola Baden Powell, in via Tommaso Grossi, neanche a parlarne; la scuola di Lora è in degrado, non c'è altro, tra le proprietà comunali. La caserma De Cristoforis è indisponibile: tutti ripetono che è del ministero della difesa. La settimana scorsa, uno spiraglio: l'utilizzo della palazzina della radioterapia nell'ex ospedale Sant'Anna, 30 posti. Ma è davvero così?
«Ho partecipato alle riunioni in Prefettura - ricostruisce il direttore generale dell'Azienda Ospedaliera Sant'Anna, Marco Onofri - e a domanda, ho risposto che noi ci occupiamo di sanità, ma di fronte a quest'ondata di profughi, a tanta povera gente, non siamo insensibili, posto che i beni non sono nostri, ma della Regione. E' la Regione a dover valutare». Dunque, uno stabile sul lato San Carpoforo sarebbe disponibile? «Sarebbe stato - precisa il direttore generale - al momento, pur con tutte le riserve e i condizionali, avevo profilato la possibilità. È venuta meno, perché la radioterapia dev'essere ancora smobilitata: l'acceleratore lineare è stato venduto agli Ospedali di Bergamo, ma i tempi per lo spostamento sono lunghi ed incerti. Secondo: l'acceleratore contiene un nocciolo radioattivo. Terzo: il contesto». Ed è un contesto vivo: i pasti serviti al personale che tuttora opera nel vecchio Sant'Anna sono tra i 250 e i 300 ogni giorno. Questo dà il segno del movimento, gli utenti dei servizi sono decine. I profughi non possono essere inseriti, ammesso di trovare un'altra struttura, la loro presenza è incompatibile con le abituali frequenze. Il direttore generale, però, non ha voluto lasciar cadere un altro tentativo: ha compiuto personalmente un sopralluogo sull'ex San Martino, di proprietà regionale, condiviso tra Asl ed Azienda ospedaliera. Il responso: strutture fatiscenti, ristrutturazioni eventuali su tempi lunghi. Possibile che a Como, dove si calcolano 400.000 metri quadrati dismessi, non ci sia alcuna possibilità di fronte ad un'emergenza che molti definiscono come epocale?
«Noi ci occupiamo di sanità - ribadisce il dottor Onofri - ma questo non significa che ci chiamiamo fuori. Infatti, abbiamo messo a disposizione gli arredi e le attrezzature rimaste nell'ex ospedale Sant'Anna, letti, comodini, armadi, previo accordo con la Regione Lombardia». Un gesto istituzionale si fa largo.
Maria Castelli
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