COMO Sconti di pena importanti ieri mattina in corte d'Appello, a Milano, nel II grado del processo contro il clan di narcotrafficanti Spinella Ottinà, calabresi della Bassa Comasca che dai primi anni Ottanta, e fino all'esecuzione del loro capo Diego Spinella (ucciso a Turate il 5 marzo del 1993) imperversarono tra Como, Fino Mornasco, Rovellasca e Saronno. Il tribunale milanese ha scontato un totale di 54 anni di carcere - a fronte dei 124 comminati a Como - che ridimensionano in modo cospicuo le sentenze di primo grado. Addirittura dimezzati i 30 anni inflitti a Francesco Ottinà, di Fino Mornasco, a lungo considerato il vero referente della cupola lombardo - calabrese che nei primi anni Novanta gestiva il narcotraffico in provincia: Ottinà esce dal tribunale di Milano con 15 anni di condanna, beneficiando dell'esclusione di una aggravante contestata in primo grado, quella cioè di associazione a delinquere armata. Degli stessi effetti benefici ha goduto anche Alberto Porro, 63 anni, titolare dell'Albert club di Fino, la cui condanna è stata ridotta a sette anni (contro i 15 iniziali): tirato in ballo a suo tempo da Antonio Bruno, pentito canturino quarantenne vissuto per anni sotto programma di protezione, Porro fu a lungo ritenuto dall'Antimafia di Milano il referente logistico del gruppo, quello i cui terreni venivano utilizzati per stoccare l'eroina e le armi del clan, un teorema contro il quale il titolare dell'Albert si è sempre battuto, forte anche del fatto che, nel 2001, il tribunale di Como avesse mandato assolta tutta la banda di turchi ritenuta il braccio operativo e logistico di Spinella. In altre parole, dieci anni fa furono assolti coloro che avrebbero materialmente trasportato l'eroina per conto del clan. Le altre sentenze:Rocco Giovanni Ottinà, 45 anni, fratello di Francesco, da 16 a 12 anni; Roberto Cattaneo, 63 anni di Rovellasca, da 14 a sette e otto mesi; Angelo Filippini, 65 anni, di Como, da 14 a dieci; Tiziana Moretti, 60 anni di Rovellasca, da 14 a sei; Annunziato Tripepi, 55enne di Gerenzano (Va), da otto a cinque e otto mesi; Roberto Tripepi, 44 anni lui pure di Gerenzano, da otto a cinque e otto mesi, Maurizio Volonterio, infine, 45enne finese, da cinque anni all'assoluzione. In molti casi (Volonterio, per esempio)ha pesato il fatto che i giudici abbiano sensibilmente circoscritto la durata delle condotte, spesso arretrandole nel tempo fin oltre i limiti della prescrizione. «Il quadro prospettato in indagine ne esce profondamente ridimensionato», ha commentato ieri l'avvocato Raffaele Bacchetta, legale di Porro e Volonterio, anche se per chiarire le scelte della corte bisognerà, ovviamente, attendere la sentenza, fra tre mesi. Saranno passati, per allora, più di 13 anni dall'avvio dell'inchiesta Smirne - di cui le condanne di ieri rappresentano l'ultimo atto - sorta di costola calabrese dei Fiori di San Vito: nell'ormai lontano 1998 la Corte d'Assise di Reggio Calabria aveva inflitto centinaia di anni di carcere, bruciati tutti dall'Assise d'Appello che, nel 1999, cancellò le condanne e rispedì gli atti all'antimafia di Milano. Soltanto nel 2003, il Gip milanese chiuse tre mesi di udienza preliminare e mandò il fascicolo a Como per competenza territoriale. Stefano Ferrari