"Arrighi ha ucciso
per i soldi di Brambilla"

Il giudice: "L'armiere ha visto nell'eliminazione fisica del suo antagonista la fine di tutti i suoi problemi". Quindi il delitto non sarebbe maturato al termine di un raptus

COMO Alberto Arrighi non ha ucciso Giacomo Brambilla in un momento di raptus. All'apice di un diverbio. Ma come «soluzione di tutti i suoi problemi, economici ed affettivi» e «con l'obiettivo preciso di impossessarsi delle ingenti somme di denaro che deteneva in nome e per conto della vittima». Non ha dubbi il giudice Maria Luisa Lo Gatti, il magistrato che ha condannato a trent'anni di carcere l'armiere di via Garibaldi arrestato nel febbraio dello scorso anno dopo l'omicidio del suo aspirante socio in affari: «Alberto Arrighi ha intensamente riflettuto sul suo proposito criminoso per un considerevole lasso di tempo, ha mantenuto la fredda determinazione di uccidere riuscendo, infine, purtroppo a portare a compimento il suo piano criminale».
Alla base di tutto, i soldi. I soldi per risollevare le sorti dell'armeria. I soldi prestati da Brambilla («quella di avere agito d'impulso per essere stato vittima di usura e di strozzinaggio resta una versione di comodo lucidamente offerta dall'imputato agli inquirenti per mitigare la gravità dei crimini compiuti, una versione che ha trovato chiara smentita negli atti di indagine») e di cui il titolare dei distributori Shell chiedeva conto ad Arrighi.
Paolo Moretti

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