Homepage / Lago e valli
Venerdì 22 Aprile 2011
Cadenabbia: dopo 28 anni
addio al parco pubblico
Rischia di tornare ai privati lo spazio verde di villa Maria, la residenza d'élite che era piaciuta a Giorgio Strehler e Stefania Ariosto. Lo stabilisce una sentenza del Tar
Con la sentenza del 23 febbraio 2011 pubblicata in questi giorni, precipitata come un macigno sul Comune, la sezione 1 del Tar della Lombardia, presieduta da Francesco Mariuccio ha accolto il ricorso dell'operatore immobiliare Bruno Spadoni di Milano e annullato gli atti in base ai quali la amministrazione e Soprintendenza per i beni architettonici avevano rivendicato la proprietà del parco di 7000 metri quadrati che rappresenta una delle perle della Riviera delle Azalee.
Il Tar ha condannato inoltre il ministero per i beni culturali e il Comune di Griante al pagamento delle competenze e degli onorari di difesa in giudizio, liquidati in 5500 euro.
La storia che sta dando molto lavoro agli avvocati risale al 1983 nel momento in cui l'architetto comasco Mario Margheritis ha dato corso alla riqualificazione della villa, in capo alla società immobiliare Villa Maria Srl, con il proposito di trasformare la nobile dimora, fatta costruire tra il 1889 e il 1892 dall'americana miss May su progetto di Giacomo Mantegazza, in dimora per vip.
L'allora amministrazione presieduta da Paolo Roda, onde salvaguardare l'interesse della comunità, aveva stipulato una convenzione con la società immobiliare rivolta a riservare a uso pubblico il leggiadro parco retrostante, un'area impreziosita da piante di notevole pregio.
L'incauta omissione è stata quella di non avere perfezionato la pratica attraverso la sottoscrizione di regolare rogito notarile, un presupposto dal quale sono derivati gli onerosi guai giudiziari.
Sta di fatto che nel 1997, in assenza dell'atto riguardante il passaggio di proprietà dell'area, la società immobiliare ha venduto il bene a Bruno Spadoni. Il Comune, nella circostanza, si è rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo proprietario con conseguente inizio della causa civile e ulteriore seguito nel 2003 con intervento della Soprintendenza. Sembra accertato che all'origine del decreto con il quale il ministero ha riconosciuto la proprietà al Comune sia ascrivibile al fatto che il passaggio di proprietà dalla Srl a Bruno Spadoni non sia stato notificato al municipio nei modi e nei termini previsti trattandosi di area soggetta a vincolo ambientale. A quel punto è stato sottoscritto un rogito che ha annullato il passaggio di proprietà a Spadoni con restituzione allo stesso dei sette milioni di lire pagate per il primitivo acquisto. È seguito il ricorso al Tar con la sentenza ora pronunciata, fondata su una serie di complicati passaggi giuridici, riferiti ai tempi e ai modi, difficilmente comprensibili da chi non è avvezzo a interpretare il linguaggio dei codici.
Nella sostanza, il Comune oltre a pagare le spese di giudizio dovrebbe restituire il parco al privato con cessazione dell'uso pubblico e semmai avviare una lunga e costosa procedura d'esproprio.
L'alternativa è rappresentata dal ricorso al Consiglio di Stato. In tal caso, nell'attesa della sentenza, il bene verrebbe mantenuto aperto al pubblico, ma ci sono di mezzo costi non indifferenti.
Il sindaco Leandro Bianchi, che s'è trovato di fronte all'imprevista sentenza, commenta il fatto con amarezza.
«Per Griante - dice Bianchi - quel parco rappresenta tutto. Ci si va a giocare, a respirare aria buona e vengono promosse anche delle feste. Abbiamo 60 giorni per decidere il ricorso e valuteremo il da farsi con i nostri legali Antonio e Lorenzo Spallino. In momenti come questi una botta del genere non ci voleva».
© RIPRODUZIONE RISERVATA