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Venerdì 22 Aprile 2011
Danni alla paziente
Dentista a processo
Secondo l'accusa sbagliò a estrarre un molare. Lesioni permanenti per una ragazza comasca che perse la sensibilità alla guancia e alla lingua
Il professionista deve rispondere delle conseguenze di un intervento chirurgico che, nel giugno di due anni fa, provocò un danno permanente a una sua paziente, all'epoca 31enne, guarita sì dopo ben 112 giorni di malattia ma con una invalidità permanente legata alla totale perdita di sensibilità alle labbra e alla guancia sinistra.
L'accusa nei confronti del medico è quella di non essersi sufficientemente preparato all'intervento, l'estrazione di un molare, dimenticando - od omettendo - di svolgere gli esami clinici che gli avrebbero consentito di acquisire una immagine adeguata del nervo alveolare sinistro, la diramazione del trigemino che finì poi per essere oggetto della lesione invalidante. L'accusa dice anche che se il dentista avesse svolto quell'esame, esso gli avrebbe garantito una migliore valutazione delle caratteristiche e della conformazione del nervo, assicurandogli anche margini di intervento più certi e restringendo la possibilità di un errore.
I consulenti tecnici della Procura muovono anche rilievi in merito al tipo di intervento: banalizzando un po', e detto fuori dal linguaggio scientifico, se il professionista avesse adottato un tipo di chirurgia più conservativa, il canale non avrebbe probabilmente subito le lesioni che invece subì. Assistito dall'avvocato Edoardo Pacia, l'odontoiatra comasco tornerà in aula il prossimo 20 settembre, quando il tribunale ascolterà il racconto della paziente, ovviamente costituitasi parte civile ai fini di un risarcimento. Il nodo, come sempre nei casi di processi per colpa medica, riguarda il nesso di causalità tra l'azione del professionista - in una valutazione complessiva che tenga conto delle tecniche chirurgiche adottate e della cosiddetta perizia nel condurle a termine - e le conseguenze sulla paziente.
Resta anche l'eventualità più banale, quella del drammatico verificarsi di una delle cosiddette complicanze contemplate anche nel "consenso informato" che la paziente firmò prima di essere sottoposta all'operazione. È quanto sostiene la difesa che, per ora, ha incassato la testimonianza favorevole del medico d'ospedale che per primo visitò la giovane donna dopo l'intervento, confermando che si trattava di un tipo di lesione contemplata tra i rischi.
Probabile anche il classico "scontro" tra consulenti tecnici. Del resto l'esito di processi di questo tipo dipende quasi sempre dal responso di periti e dei cosiddetti ctu.
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