Nel comasco trenta
bidoni radioattivi

Rovello Porro: che fine ha fatto il Cesio 137 stoccato nei capannoni della fonderia Premoli? A volerlo scoprire è l'amministrazione comunale. Il sindaco ha annunciato di voler istituire, già ai primi di maggio, un tavolo tecnico per fare il punto

ROVELLO PORRO Ma che fine ha fatto il Cesio 137 stoccato nei capannoni della fonderia Premoli? A volerlo scoprire è l'amministrazione comunale. Il sindaco Gabriele Cattaneo, nell'ultima seduta del consiglio, su sollecitazione del consigliere Mariuccio Orsenigo (Insieme per Rovello), ha annunciato di voler istituire, già ai primi di maggio, un tavolo tecnico per fare il punto sui trenta bidoni nei quali, nel 1990, è stato sistemato il materiale ferroso contaminato. «La nostra intenzione  - spiegano il sindaco e l'assessore Denis Balestrini - è di aprire un confronto con Asl, Arpa Enea e fonderia Premoli, per sapere innanzitutto qual è la situazione attuale e poi come e quando vengono svolti i controlli sul materiale stoccato ormai da vent'anni. Vogliamo però anche discutere sulla possibilità di smaltire definitivamente il materiale contaminato dal Cesio, che in paese doveva essere stoccato provvisoriamente, mentre ci è rimasto per due decenni».
La vicenda del materiale radioattivo era stato un dei casi più eclatanti della primavera1990: risalendo dal Po al Lambro, al Lura, tra la fine di aprile e la metà del maggio '90, geologi e tecnici del Pmip milanese avevano rintracciato a Rovello, l'origine delle tracce di cesio 137 rinvenute nel corso di alcuni controlli di routine. Alla fonderia Premoli erano pervenute scorie di alluminio risultate poi contaminate: dalla vasca di decantazione presente in fabbrica, le acque contaminate erano finite nel torrente Lura e lungo il fiume erano state scoperte dagli esperti chiamati a vigilare sulla salute pubblica.
La fonderia era rimasta chiusa per circa undici mesi al fine di consentire le  operazioni di bonifica, nel corso delle quali asfalto e terra del piazzale dell'azienda erano stati rimossi fino a 40 centimetri di profondità dai tecnici del Pmip e dell'Enea. Anche gli operai dell'azienda erano stati sottoposti a controlli medici.
Ieri i titolari della «Luigi Premoli e figli Spa» non erano rintracciabili, a ricordare la vicenda è invece l'ex-sindaco Gianmario Alberio: «Il problema si era verificato nei mesi precedenti alla mia elezione - spiega Alberio  - in seguito ci eravamo subito rivolti all'Enea per chiedere che il materiale contaminato potesse essere smaltito in tempi brevi: ci era stato risposto che le soluzioni da adottare non erano facilmente praticabili, ma che comunque servivano ed erano previsti controlli costanti».

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