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Domenica 08 Maggio 2011
L'uomo che truffò la Nokia
un Totò con guai famigliari
«Nokia è abituata a fidarsi di tutti in tutto il mondo, ma si è dimenticata di essere arrivata nella patria di Totò». L'immagine usata dal pubblico ministero MarianoFadda nella sua requisitoria è tanto suggestiva quanto efficace per raccontare le imprese del comasco che è riuscito a truffare la Coca Cola dei telefoni cellulari: oltre 600mila euro in rimborsi spese gonfiati e vendite fittizie di software a ditte compiacenti.
Ivan Caprari, 38 anni originario di Villa Guardia e con residenza a Maslianico, non è però il classico personaggio alla Tototruffa richiamato dal pm nella requisitoria. Anzi: prima che lo scandalo scoppiasse, e nelle testimonianze di colleghi e superiori, si comprende che era invece un uomo fidatissimo della dirigenza della multinazionale finlandese, una sorta di fuoriclasse in prima linea per Nokia. Era lui uno dei referenti della società per i gestori italiani di telefonia cellulare. Dodici anni senza una sbavatura, almeno fino alla fine del 2006. Quando all'improvviso le sue note spese cominciano a lievitare. Lui, che si dichiara innocente, in aula ha detto al giudice: «Potrei aver perso le coordinate reali della vita quotidiana in un periodo delicato per me. Posso aver commesso degli errori, se l'ho fatto mi scuso. È accaduto in un momento molto amaro». Difficoltà personali e familiari che lo avrebbero spedito alla deriva.
Il fatto è che nessun campanello di allarme è scattato all'interno della Nokia. E lo stesso amministratore delegato della società di telefoni cellulari in Italia ha avvallato in assoluta buona fede alcune operazioni, poi contestate come truffaldine dalla procura, proposte dal suo dirigente. Dopotutto un paio di centinaia di migliaia di euro in prodotti software cosa sono per un'azienda come Nokia che fattura centinaia di milioni di euro solo in Italia?
Ad alzare il velo sulla deriva del dipendente è stato il licenziamento della sua responsabile. I vertici della multinazionale hanno iniziato a rivedere tutti i conti e sono spuntati rimborsi spese concessi per il pagamento di viaggi personali, di un televisore, di fatture per la manutenzione e l'assicurazione della moto di Ivan Caprari, l'acquisto di due frigoriferi e perfino di un lampadario. Per non parlare del finto acquisto da un'azienda compiacente di software messi in conto alla Nokia, ma in realtà fittizi secondo l'accusa, con la metà dei 270mila euro versati dalla società di telefonini girato su un conto dello stesso Caprari. Che in aula ha chiesto scusa. Ha spiegato di aver forse perso alcune coordinate per via di problemi familiari seri. E che ora cerca disperatamente una seconda occasione, un nuovo lavoro. Nella patria di Totò succede anche di cadere. E di essere aiutati a rimettersi in piedi.
P. Mor.
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