Homepage / Como città
Giovedì 12 Maggio 2011
Caporalato a Lugano
italiano in manette
Lavoratori lombardi reclutati in Italia, portati su uno dei cantieri più importanti del Canton Ticino, fatti lavorare a cottimo, per 8 - 10 franchi l'ora invece di 24, minacciati e ricattati: la bomba è scoppiata su segnalazione del sindacato Unia e il procuratore generale John Noseda ha disposto l'arresto di un «caporale» e la denuncia di un altro per estorsione, usura, false dichiarazioni e lavoro nero.
In Canton Ticino, è bufera sul caso e non sarebbe l'unico: è lo stesso pubblico ministero Noseda ad aver dichiarato che, nelle ultime settimane, sono giunte altre segnalazioni di possibili reati analoghi, riconducibili ad aziende attive in cantieri di opere pubbliche. Proprio nei giorni scorsi, l'Unia aveva lanciato l'allarme sulla concorrenza sleale e lo sfruttamento della manodopera con il lavoro nero: l'altro ieri, Sergio Aureli, sindacalista dell'Unia, a La Provincia aveva dichiarato: «Le frontiere sono aperte a tutti, tranne a chi vìola le regole». E adesso, sottolinea: «Il sindacato non si vuole certo sostituire alle forze di polizia. Ma ritiene giusto segnalare le imprese che non rispettano le norme e che ledono gli interessi e l'immagine dei lavoratori».
Ma Aureli aveva pure rivolto un appello ai sindacati italiani perchè «i controlli non conoscono confini: il lavoratore, al di qua e al di là della frontiera, è una persona» e quindi il contrasto agli abusi dev'essere transfrontaliero. E un lavoratore, italiano, s'è rivolto all'Unia: reclutato per l'Ipi, sulla carta percepiva 24 franchi l'ora, ma nella realtà portava a casa un terzo della somma che figurava. Ed era stato minacciato perché non parlasse e si limitasse a lavorare, a testa bassa, come se non avesse diritti.
Maria Castelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA