Casa delle escort
Altri quattro sotto accusa

 Margherita assicurava di essere «assolutamente senza limite e senza tabu». Gustavo, invece, non faceva mistero di essere una «transex dotata» e di avere un luogo ben preciso dove ricevere i clienti interessati. Annuncia sul web dal residence di «Via Carso 53» a Como

COMO Margherita assicurava di essere «assolutamente senza limite e senza tabu». Gustavo, invece, non faceva mistero di essere una «transex dotata» e di avere un luogo ben preciso dove ricevere i clienti interessati: «Via Carso 53». Le bacheche virtuali del web erano zeppe di annunci simili, di ragazze e trans che hanno alloggiato nel residence messo sotto sequestro dalle fiamme gialle perché considerato una vera e propria casa di tolleranza. Un blitz, quello della guardia di finanza, che ha portato all'arresto di due persone, alla denuncia di una terza e - si scopre ora - all'iscrizione nel registro degli indagati di altre quattro persone, anche loro accusate dalla procura di favoreggiamento della prostituzione.
I nuovi accusati sono tutti proprietari di altri appartamenti del residence dove sono state trovate, nel corso del blitz, una quindicina di escort: si tratta di Bruno Casartelli, 75enne di Como, Alberto Gazzi, 45enne commerciante di Lecco, Arturo Cantaluppi, 65enne residente a Briosco, e Rosa Caldera, 62enne di Desio. I loro nomi si aggiungono a quello di Giorgio Rebai, pure lui indagato a piede libero. Sul loro conto la procura sta lavorando per comprendere se erano a conoscenza del fatto di aver dato ospitalità a prostitute e, soprattutto, che all'interno degli appartamenti dati in affitto le escort ricevevano quotidianamente i clienti.
Intanto ieri mattina, nella sala interrogatori del Bassone, il giudice delle indagini preliminari ha sentito Elsa Pircher, 73enne mamma di Giorgio Rebai e amministratrice della società proprietaria di una dozzina di appartamenti del residence, e Giuseppe Giani, 64enne di San Fermo considerato negli atti dell'inchiesta quale «gestore di fatto delle attività connesse alla casa albergo». Entrambi (difesi dagli avvocati Ilvo Tolu, Fabio Gualdi, Davide Giudici e Fabio Ansideri) hanno risposto alle domande del giudice - la quale scioglierà forse oggi la riserva legata alla richiesta di scarcerazione presentata dai legali - e hanno cercato di spiegare i punti contestati dalla procura. In particolare: i soldi prelevati dalle "ospiti" del residence non erano - hanno detto i due - la percentuale dei proventi della prostituzione, ma quanto pattuito per l'affitto. Soldi che - hanno spiegato - sono stati sempre regolarmente fatturati così come alla questura sono stati sempre inviati i registri degli ospiti, come previsto dalla legge. Infine i due hanno ammesso di aver avuto segnalazioni e sospetti in merito alla presenza di prostitute nel residence, e che erano in contatto con l'amministratore per capire quali fossero gli appartamenti dove si svolgeva l'attività. Una versione diametralmente opposta a quella offerta dagli atti dell'inchiesta, nei quali si accusano i due - assieme a Rebai - di essere invece pienamente consapevoli dell'attività che si svolgeva negli appartamenti.
Il primo verbale di assemblea da cui emergono i primi sospetti sulla situazione nel residence di via Carso è datato addirittura 2004. «Parecchi condomini si lamentano per il continui "via vai" di persone estranee all'interno del condominio». Nel settembre 2010 si va oltre: «Movimenti sospetti», si legge nel verbale, ma anche «attività legate alla prostituzione».
Una voce che era girata anche fuori dal residence e dalla zona caserme, come dimostrerebbe un'intercettazione telefonica tra Giorgio Rebai e un amico che chiedeva un appartamento per una coppia di amici.
Rebai: c'è i monolocali, là di via Carso
Amico: ma quanto costa? Ma quelli sono vecchi...
Rebai: non ho altro...
Amico: e sono pieni di p.... anche...
Rebai: eh... un po' e un po', dipende. Vanno e vengono.
P. Mor.

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