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Martedì 24 Maggio 2011
In aula per la truffa
delle case ultralusso
Madre e figlia a processo per il costruttore Rebai. L'accusa: soldi per affari immobiliaristi inesistenti. Quasi 300mila euro "sfilati" dalle tasche di cinque onesti contribuenti spinti e convinti, con eccezionale savoir faire, a finanziare il classico affare «assicurato». È l'accusa per la quale ieri mattina sono comparse in tribunale madre e figlia
Cosa accadde, e perché le due donne si ritrovino oggi davanti a un giudice - peraltro insieme al costruttore Luciano Rebai, chiamato a rispondere di un solo episodio -, lo hanno spiegato ieri in aula le stesse vittime, ricostruendo cosa li indusse a fidarsi. Per esempio: dice la Procura (e conferma la vittima)che la signora Gattinoni esordì nell'aprile di sei anni fa "piazzando", nelle proprie vesti di agente immobiliare, un appartamento a Garzola per il quale non aveva ricevuto alcun mandato. Inventò nomi di proprietari inesistenti e incassò in tutto 125mila euro, esibendo carte e documenti in larga misura falsi: poi, quando la vittima del raggiro si accorse di essere stata presa per i fondelli, la signora tentò di placarne le ire consegnandogli cinque assegni per circa 140mila euro, appoggiati però su un conto corrente estinto e su uno che non le apparteneva. Nella primavera del 2007, questa volta in collaborazione con la figlia, la Gattinoni intascò ulteriori 25mila euro con un sistema piuttosto antico, fingendosi cioè ricchissima ma sciaguratamente alle prese con una contingente necessità di liquidi, legata al fatto di avere «blindato» tutti i propri averi in una serie di investimenti vincolanti.
Qualche mese più tardi, sempre a sentire vittime e procura, madre e figlia vararono poi una nuova formula di raggiro, questa pure ricostruita ieri in aula: si trattava di proporre investimenti dalle parti di Santa Margherita Ligure, comperando appartamenti vista mare a prezzi stracciati, da rivendersi poi a cifre, ovviamente, da capogiro. Madre e figlia (e più tardi anche lo stesso Rebai, nelle sue vesti di convivente della Gattinoni) esibivano copia di un contratto preliminare, sostenendo di avere già versato una caparra e portandone a riprova i soliti assegni falsi. Raccontavano di avere già ricevuto offerte di acquisto, per iscritto, a prezzi di tre, quattro volte superiori. Il risultato era garantito: la vittima versava mezza caparra e arrivederci. Si torna in aula il prossimo 20 luglio. Non è escluso che gli imputati possano chiedere di essere interrogati. Sentenza a settembre.
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