Razionalismo "pop"
all'insegna di Terragni

Da un archivio privato riemergono i bozzetti per il "Vitrum"

Alberto Longatti*
A ricordare la Como di un importante periodo di revisione urbanistica è rimasta solo l'insegna, campeggiante in piazza del Duomo sopra le vetrine di un negozio che non vende più da tempo la merce esposta ottant'anni fa, quando venne inaugurato. Il negozio è il Vitrum e l'insegna latineggiante, progettata da Giuseppe Terragni, è protetta da un vincolo della Sovrintendenza, assieme al rivestimento in marmo cipollino striato di verde e alle cornici metalliche sull'affaccio dell'esercizio commerciale in piazza del Duomo e nell'angolo in via Cinque Giornate, che sono quanto resta dell'arredo originario. Siamo negli anni 1929/30. Terragni ha venticinque anni e gode di una discussa fama nazionale per aver realizzato nel 1927 il Novocomum, primo esempio di condominio secondo i principi del razionalismo architettonico, che apre la strada al totale riassetto avvenirista della zona a lago destinata alle sedi di società sportive e ai monumenti della memoria. Nell'attesa di poter realizzare le opere più importanti della sua carriera e mentre si accinge a progettare la Casa del Fascio, gli viene commissionato il rifacimento di alcuni negozi in buona posizione, nel centro cittadino. «È la città che si rinnova», annotava Edoardo Persico sulla prestigiosa rivista La Casa bella nella sua rubrica "botteghe moderne". Si dedica così ad una vetrina della rivendita del fotografo Mazzoletti, in via Indipendenza, collegando con una grande freccia due istantanee del Novocomum, scattate dallo stesso Mazzoletti, il fotografo preferito dallo studio Attilio e Giuseppe Terragni.
Un maggiore impegno lo dedica al rinnovo del Salone Mantovani, elegante parrucchiere per signora, ripristinando uno spazio irregolare lungo e stretto con una serie di camerini foderati di pannelli in legno di noce e disseminando i punti luce ove erano più funzionali, con i fili nascosti e il soffitto tappezzato di stoffa. All'ingresso del Salone aveva collocato un'insegna a mensola con scritte in lamierina sottile, in caratteri "bastone" lineari e aguzzi, simili a quelli della scritta "Sartoria", scontornati in marmo nero di Saltrio, che sormontavano la soglia del padiglione dedicato alla moda alla IV Triennale di Monza nel 1930.
Il carattere "a bastone" oggi lo classificheremmo nella tipologia tipografica denominata "Verdana" o "Arial". Privilegiato dai razionalisti e anche dai pittori astratti per essere nitidamente squadrato, ad angoli retti, privo delle cosiddette "grazie" decorative, caratterizza anche l'insegna del Vitrum. Ma è qui meno slanciato dei precedenti, occupa lo spazio con un ampio distanziamento fra i caratteri, semplificati al punto che la "v" diventa del tutto simile alla "u". L'esame di schizzi e bozzetti, conservati presso un archivio privato, rivela che la "r" ha dovuto subire un ritocco per restringere le sporgenze e allinearsi con gli altri caratteri snelliti al massimo. Nelle ore serali e notturne la scritta diventava visibile da lontano, perché i caratteri, scolpiti in marmo nero del Belgio, erano staccati dal fondo e sul retro venivano illuminati da tubi di neon azzurrino. «Mi piace tanto la scritta, originale in quella semplicità che si stampa sul marmo senza mistero», scriveva con entusiasmo nel 1932 Cesare Cattaneo, allora studente di architettura.
La luminosità era peraltro il motivo dominante dell'arredo di un negozio come il Vitrum, adibito dai proprietari Antonio Camanni & Figli, come rivela la pittoresca carta da lettere d'epoca, alla vendita di «cristallerie, vetrerie fini e decorate, lampade e articoli per illuminazione, terraglie, porcellane, articoli casalinghi» e persino «damigiane, latrine inglesi (ovvero le moderne tazze da water), posaterie» e, perché no, «corone mortuarie», beninteso in ceramica. Oggetti di per se stessi fonti di luce o riflettenti la luminosità esterna, che l'arredo doveva esaltare disponendo adeguatamente scaffali e vetrinette trasparenti illuminate da superfici in "opakglas" (sorta di opaline), alternando forme cilindriche verticali ad altre orizzontali per intensificare l'effetto scenografico dell'insieme e giocare su contrasti, chiaroscuri e lampeggiamenti per dare maggiore risalto agli oggetti esposti. Le fotografie in bianconero che documentano l'esposizione non fanno giustizia di un altro elemento fondamentale che lo valorizza, l'uso del colore. Chi crede che il razionalismo escludesse, nel suo rigore formale, ogni impennata di colore, dovrebbe convincersi di sbagliare constatando che in questa occasione Terragni sfrutta proprio l'attrazione di una vasta gamma cromatica, che nei pavimenti, nelle pareti, sui fianchi delle scaffalature va dal rosa al grigio all'azzurro, al salmone, al blu, al verde per accompagnare gli sfavillii dei vetri veneziani e delle cristallerie di Boemia, i vasi, le coppe, le tazze offerti ai clienti.
La ditta Camanni conobbe il massimo della sua fortuna negli anni che precedono la seconda guerra mondiale, moltiplicando anche i negozi della catena Vitrum a Bergamo, Monza, Piacenza, Cremona, pur mantenendo a Como la centralità della distribuzione. La bufera bellica ha travolto ogni successo del commercio, con particolare riferimento al settore di maggiore pregio della produzione, destinato alle abitazioni della borghesia più abbiente. Antonio Camanni tenne comunque duro ancora per parecchi anni, fino al 1997, poi chiuse la sua attività di articoli per regalo, lasciando il posto ad un altro tipo di commercio, basato sull'abbigliamento. Ogni arredo all'interno venne smantellato, lasciando l'esterno più o meno inalterato, anche se l'insegna è scolorita e non ha più l'impianto luminoso.
Quello che ancora si vede è  solo un segnale del tempo trascorso, che invita a considerare quanto potesse valere l'estro di un giovane progettista anche nelle opere minori, quando l'architettura doveva essere per necessità integrata con gli oggetti posti in vendita e aspirava tuttavia ad ottenere risultati d'arte. Facendo levitare la fantasia sul solido supporto dell'eccellenza professionale.
(* Critico d'arte e saggista, autore di numerosi saggi sul Razionalismo)

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Eco di Bergamo Il Vitrum di Terragni