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Domenica 29 Maggio 2011
Bruni: «Giro per Como
La vedo più brutta di prima»
Dalla Ticosa al muro, dal lungolago di Zambrotta alla "guerra dei consiglieri di Rinaldin", dallo sbaglio a ricandidarsi per il secondo mandato a Alessio Butti indicato come successore. Il sindaco di Como Stefano Bruni risponde alle domande del direttore della Provincia Giorgio Gandola
Il Grande Cavedano nuota lentamente nel suo acquario preferito. Apre la bocca e tutti accorrono: segretarie gentilissime, collaboratori indaffarati, tecnici pronti ad assecondarne le ultime e penultime volontà. Mentre attraversiamo il piano nobile di palazzo Cernezzi, fra boiseries sabaude, parquet scrocchiolanti e lusso istituzionale, notiamo la presenza dell'ingegner Ferro, uno dei guru del muro. Un saluto e via, il giornalista Gengis Khan non è degno d'altro e poi Stefano Bruni sta aspettando, bisogna tirare dritto. Il sindaco è affabile e gentile, poltroncina per lui e divanetto per me. I convenevoli sono necessari, non ci si vedeva da tempo. Durante la grande guerra col giornale (come molti politici accetta volentieri solo i complimenti) ogni richiesta d'intervista portava alla solita risposta: no. Lui parla solo il venerdì in tv, giorno di magro, esibendosi nel suo repertorio preferito: il monologo. Poi è arrivato il cavedano, quella metafora sparata a fil di caviglia come un fallo terminale in un articolo di fondo, quella similitudine che andò a cercarsi un paio di settimane fa quando, per giustificare l'ennesima paralisi della macchina comunale, disse che era colpa dei peones del consiglio comunale, dei guastatori, forse anche degli uscieri e dei parcheggiatori abusivi. Ed io gli ricordai un motto di mio nonno, che faceva l'operaio alla Falk di Dongo e - per dirla con Mourinho - non era un pirla: «Il cavedano comincia sempre a puzzare dalla testa». Chissà perchè l'essere accomunato a un pesce di lago lo ha convinto a farsi intervistare. E allora è qui davanti, senza branchie, meno guizzante di un moscardino ma più vispo di una triglia. Pronto a rispondere col rischio di finire in padella.
«Vuole sapere del lungolago? Ha vinto Zambrotta anche se sono interista. Ha vinto lui perchè ha proposto 500 mila euro e un progetto valido. Firmata l'intesa, si parte. È un gran bel gesto nei confronti della città e invece a Como cosa succede? Succede che tutti protestano. Qualcuno per l'erba sintetica, qualcun altro perché pensa che io avrei pilotato Zambrotta contro gli Amici di Como. Sciocchezze, la sua proposta valeva dieci a uno. Chiaro? Gli altri volevano ammonticchiare le palancole davanti al lago perché non sapevano dove metterle e proporre una passeggiata calpestabile minima. Il problema di questa città è che non c'è cultura del gruppo. Mi spiego. Quando hanno saputo che Zambrotta voleva mettere i giochi per bambini sul lungolago, gli altri commercianti del ramo sono venuti da me e mi hanno detto: così noi non lavoriamo più. Interessi meschini, logica miope». Anche la sua amministrazione ha vissuto la stagione della miopìa. Lunga, avvilente, per niente conclusa. Nessun progetto per la città, nessun orizzonte nuovo, nessuna speranza di uscire vivi dal balletto mortale della politica di piccolo cabotaggio. Eppure il Bruni 2 aveva come obiettivo qualcosa di più dei marciapiedi e degli asfalti.
il resto dell'intervista del direttore Giorgio Gandola al sindaco di Como Stefano Bruni sul giornale in edicola oggi
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