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Mercoledì 08 Giugno 2011
Crac Parmalat: in carcere
il revisore dei conti comasco
Como: ultimo atto a Roma in Cassazione, del processo nei confronti di Maurizio Bianchi, 61 anni, coinvolto e condannato nel collasso finanziario del'impero di Callisto Tanzi con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta
Sposato, padre di tre figli, casa in centro città, Bianchi si è visto confermare la condanna emessa nel marzo dell'anno scorso dalla corte d'Appello di Bologna, pari a sette anni e quattro mesi di detenzione. Pochi minuti dopo le 16 di ieri, neppure un'ora e mezza dopo la lettura della sentenza, due agenti dell'anticrimine della polizia di Como sono andati a prelevarlo in casa, per accompagnarlo nel carcere del Bassone. Le sue prospettive non sono precisamente rosee: tolti tre anni di indulto e tolti i sei mesi che già scontò in regime di custodia cautelare (all'epoca dell'indagine), Bianchi dovrà scontare un anno abbondante, prima di scendere al di sotto della soglia dei tre che gli consentirà di poter chiedere l'affidamento in prova ai servizi sociali.
La sua storia, all'epoca, suscitò un certo clamore, nel clamore di un crack che fece parlare come pochi altri. A processo con Luciano Del Soldato e Giampaolo Zini, Bianchi era accusato di avere in qualche modo messo a disposizione le sue competenze per manipolare i bilanci delle varie società della galassia Parmalat, in particolare per «mascherare il finanziamento del settore alimentare in favore di quello turistico, fallimentare, con un insieme di meccanismi fraudolenti». Ma il revisore comasco paga soprattutto alcune scelte processuali risalenti all'epoca del procedimento di primo grado, dal quale, a Parma, uscì con nove anni di condanna. Il suo capo alla Grant Thornton, per esempio, aveva optato per un pubblico dibattimento dal quale era uscito con cinque anni di carcere, avendo usufruito dei vantaggi che gli erano derivati da una modifica in corso d'opera del capo di imputazione e dalla conseguente riammissione della possibilità di patteggiare, con ricchi sconti. Non solo:in qualche modo, sul giudizio finale (quello in primo grado, di cui l'appello e la Cassazione non sono che due conseguenze) può avere pesato anche il fatto che Bianchi non sia un imputato reo confesso, non abbia mai ammesso - se non in minima parte - gli addebiti che la Procura gli muoveva.
Ieri la Cassazione, presieduta dal giudice Gennaro Maresca, si è espressa al termine di un'udienza durata due giorni. Le condanne - aderenti alle richieste della Procura - sono le prime definitive per l'accusa di bancarotta fraudolenta. L'ex patron di Parmalat Calisto Tanzi, invece, è già stato condannato in via definitiva solo per aggiotaggio (otto anni e un mese). Per la bancarotta ha rimediato 18 anni a dicembre, ma siamo ancora al primo grado di giudizio.
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