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Domenica 12 Giugno 2011
"Mi hanno salvato
i diari di fratel Ettore"
La comasca Rosaria Longoni, madre di Francesco Facchinetti, ha scritto un testo che sorprende su fede, volontariato, carità
Rosaria Longoni, insegnante e ora al lavoro nel campo della moda, è autrice di "Ho incontrato Dio in una baracca. La mia avventura fra i disperati di Fratel Ettore" (Rizzoli), però il suo nome viene sempre associato a quello del figlio, il cui volto è molto più noto di quello della mamma. Ma Rosaria Longoni qui la si deve guardare per quello che è ora, una donna di 52 anni che ha trovato una serenità invidiabile. Il merito? La fede cattolica vissuta nel quotidiano e un diario speciale, quello di Fratel Ettore, il padre camilliano degli ultimi. Ma anche il grande amore "simbiotico", lo definisce Rosaria, con Roby Facchinetti.
Per pagare subito pegno al gossip, Rosaria Longoni sta per diventare nonna. Il figlio Francesco è infatti in procinto di diventare papà di una bambina concepita con la compagna, anche lei famosissima, Alessia Marcuzzi. La mamma di Francesco è felice di diventare nonna e, come scrive nel libro, si è già "portata avanti" con i regalini alla mamma e alla nascitura, come ogni nonna che si rispetti.
Rosaria vive in un appartamento in centro a Mariano Comense (Brianza), suo paese natale, ha un cagnolino che è un tornado e mille cose da fare. Detto ciò, quello che conta, da Pasqua a questa parte, è che Rosaria Longoni ha un posto in libreria, autrice del libro di cui si faceva cenno sopra, edito da Rizzoli. La Longoni è cattolica, praticante del Vangelo applicato ogni giorno: "Ho cominciato a fare volontariato a 18 anni con l'Unitalsi, ma ero sempre alla ricerca di una fede vissuta, di un Gesù vivo e non raccontato. Così, con un amico, ho saputo dell'esistenza di Fratel Ettore e della sua casa di accoglienza (Casa Betania a Seveso, nda) per gli ultimi, siamo andati a trovarlo e ho vissuto un'esperienza così forte da farmi capire che lì c'era Gesù vivo, la fede praticata, che per me passa da ognuno di noi. Se non si ama l'uomo, non si ama Cristo".
E da allora, per Rosaria arriva l'impegno totale per la comunità di Fratel Ettore. "Per cinque anni ho lavorato in comunità, la gestivo con Fratel Ettore, poi ho deciso di lasciare l'incarico (una scelta chiara quanto dolorosa e sofferta, nda), ma non lui. Abbiamo sempre mantenuto un rapporto stretto, ci telefonavamo spesso. Negli anni di collaborazione, Fratel Ettore, il 25 marzo del 1993, giorno del suo compleanno, mi donò i suoi diari giovanili, dai suoi 18 anni fino agli anni Cinquanta. Non capii perché, pensavo me li avesse dati da leggere". E invece, l'intento del camilliano probabilmente era un altro: "Solo più tardi ho capito che quei diari erano il suo testamento olografo e lo dava proprio a me, mi aveva scelto. Li ho tenuti nascosti a tutti per molto tempo, nemmeno in famiglia sapevano che li possedevo, poi, quando Ettore è morto ho cominciato a parlarne in casa e nel 2009, quando è stata aperta la causa della beatificazione di Fratel Ettore ho sentito l'esigenza di tirarli fuori, pensavo fossero un documento importante. Così, ne ho parlato con Francesco".
E il Francesco che si è abituati a vedere in tv esuberante e mai domo è stato provvidenziale. "Francesco, con la sua freschezza di giovane uomo, che io non ho più, mi ha detto: ma mamma, perché non scrivi in un libro quello che vuoi dire attraverso il diario? E così ho fatto ed è stata un'esperienza meravigliosa, scrivendo ho capito di avere tante cose dentro che non sapevo di avere. Questo libro è come fosse una mia confessione pubblica per dire che bisogna mettersi in cammino verso l'altro. Questo cammino io ho capito che lo posso fare solo partendo dalla considerazione che ho di me stessa. Allora scopri che quando non ce la fai tu, c'è Lui, Cristo, che ti indica la strada e ti invita a confrontarti con gli altri per salvare non gli altri, ma te stesso. Leggendo i diari di Fratel Ettore io ho pensato a salvare la mia anima, non quella degli altri".
La riflessione che Rosaria Longoni cala nel libro è molto complessa, molto profonda, faticosa, ma lei la rende semplice con gli esempi; ha trovato il modo di tradurla nei fatti quotidiani. "Nel libro - dice - volevo colmare la distanza che avvertivo tra il dire "io credo" e "io credo Lui". Era una vita che cercavo questa soluzione, e la mia ricerca non è finita, ho fatto molta analisi su me stessa e continuo a seguirla. Sono partita dai diari di Fratel Ettore per fare introspezione personale, una specie di analisi pubblica di me stessa, solo così ho capito perché Fratel Ettore ha scelto me". E anche il titolo del libro non è come sembra. "Ettore diceva di sè: "sono una baracca" e con il suo modo di essere e di agire mi ha aiutato a svelare la mia anima. La novità che ho trovato nei diari sta nell'aver capito che ognuno di noi può fare suo il messaggio di Cristo, per me ciò è possibile solo passando per l'altro, solo così mi percepisco. Anche nel corpo degli ultimi da curare e guarire. La religione cattolica è carnale (nel libro Rosaria ripete spesso a Fratel Ettore: "sono fatta di carne!", nda), Gesù si è fatto carne, la nostra non è una religione estranea al corpo. Noi a volte dividiamo ciò che facciamo dalla nostra anima e ci assolviamo. Eh, no! Le due cose sono unite e Gesù ci aiuta a capire che di quel peccato dal quale ti assolvi puoi fare a meno, ma solo se acconsenti, se accetti di farlo". Rosaria ha acconsentito? "Sì, me lo chiedo anche nel libro, l'ho fatto da quando Ettore mi ha dato il suo diario, ma non sono la sua biografa, né voglio fare proselitismo, figuriamoci, io? Da che pulpito? Ma no, non ci penso nemmeno. Quando ho iniziato a scrivere l'ho fatto solo per me, con l'aiuto di persone capaci e straordinarie. Ho incontrato gente buona: ho imparato che sei sulla strada giusta quando incontri persone giuste, mi è successo così. Certo, con qualche scivolata, ma è nel conto". Il rischio di raccontarsi in un libro era, quello di cui si diceva all'inizio, l'essere considerata in quanto "mamma di": "Beh, sì, temevo l'effetto gossip e da quando il libro è uscito (ride) prego molto di più lo Spirito Santo perché aleggi quando parlo di queste cose con tutti quelli che incontro. Chi mi ha letto mi dice che ritrova cose che ha sempre sentito dentro e non è mai stato capace di tirare fuori e per me è bellissimo. Si ritrovano nella mia tensione e ricerca di Dio".
La persona, l'altro, è sempre al centro per Rosaria che non vuole assolutamente passare per una predicatrice: "Con Fratel Ettore tra gli ultimi, alla stazione Centrale di Milano, ho capito che una volta curate, pulite, nutrite, quelle persone erano interessanti e ho ancora tra loro amici, alcuni ce l'hanno fatta a uscire da quello stato di abbandono, altri ci ritornano, ma sono comunque persone. Spesso ho avuto risposta ai miei perché da loro, e quando capisci che tutti siamo importanti, ogni incontro con l'altro diventa "l'incontro". L'anello mancante della mia catena non ce l'ho io, ce l'ha l'altro. Ed è vero, davvero!".
E il volontariato? A Rosaria piacerebbe molto parlarne nelle scuole e ai ragazzi: "È una cosa complessa, spesso nel volontariato c'è una falsa umiltà, un razzismo verso chi è debole e che ti porta a pensare di sapere come farlo stare bene. L'approccio invece deve essere quello dell'incontro. Non c'è da fare i salvatori di nessuno, se non della nostra, della mia anima". L'ultima riflessione, ma ce ne sarebbero a migliaia è sull'oggi: "Noi oggi siamo qui a considerarci ormai salvati, perfetti, invece siamo ancora da salvare, eccome. Ci siamo abituati a vivere due vite, quella dentro e quella fuori, non bisogna più dividerle e l'esigenza forse si comincia ad avvertire. Ho l'impressione che qualcosa si muova, che sotto sotto, il popolo, noi tutti, continuiamo a farci le sane domande di sempre". Però, Rosaria Longoni ha un timore, la mancanza di domande: «Ai giovani mancano le domande. Noi riusciamo ad essere un invito a farci domande? Dobbiamo esserlo, nell'incontro con l'altro, buttando giù il castello formale che altri hanno costruito per noi, per volerci come non siamo. Siamo in una guerra che continua a fare macerie e le macerie sono gli uomini, da loro bisogna ricostruire, riformulare il pensiero, tornare a sapere che si può dire di no a quello che altri ci dicono di essere". Beata la bimba di Francesco e Alessia, una nonna così può essere una miniera.
Carla Colmegna
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