Le reliquie di San Carlo
nella chiesa di Canzo
L'inserto di Canzo del mensile della diocesi di Milano, “Il segno”. dà notizia dell'importante ritrovamento della "tasca" del grande vescovo
CANZO C'è una ''tasca'', nel sacrario della Parrocchia di Canzo, carica di storia. Si tratta della ''tasca'' di San Carlo Borromeo, vescovo di Milano. Una reliquia che recentemente è stata recuperata da un giovane sacerdote milanese, don Cristian Pina che con sapiente perizia ha anche rimesso a nuovo l'urna di San Miro, il beato di Canzo che soprattutto i Paredi sentono come un parente, essendo Miro Paredi, nato al secondo alpe. Un lavoro certosino quello di don Pina, cognome tipicamente canzese, ma di Canzo non è. Soprattutto se si pensa a cosa aveva trovato il sacerdote, a quarant'anni dal disastroso incendio del 7 giugno 1970.
Era una domenica, giorno di elezioni amministrative, come ricordano le cronache di allora. L'incendio si sviluppò durante la rimozione della cisterna della nafta, collocata nel locale-rispostiglio sopra il Sacrario. In breve le fiamme divorarono il tetto e lambirono quello dell'abside. La massa liquida incandescente penetrò per lo sfiatatoio sopra l'altare del Sacrario, devastando quanto trovava sulla sua strada. Il pronto intervento dei vigili del fuoco, degli uomini di un circo attendato in piazza e dei volontari riuscì a limitare i danni che stimolarono i canzesi che in cordata si impegnarono per rimettere a nuovo la loro chiesa.
Poco più di due anni durarono i lavori di restauro che restituirono ai canzesi la loro chiesa, compreso il Sacrario. Ricco di relique, in parte andate perse, altre dimenticate in scatoloni riempiti di ossa ammucchiate, bruciacchiate, ammuffite. Stesso discorso per libri antichi, oltre che preziosi, pergamene e altri scritti. Un ''tesoro'' portato a Canzo da monsignor Camillo Fino che fece il suo ingresso in parrocchia il 19 giugno 1946: qui rimase in carica sino al luglio 1964.
Monsignor Camillo Fino, Protonotario Apostolico supra numerum in quanto Canonico della Cattedrale di Milano, è a tutt'oggi il prevosto con il più alto grado che Canzo abbia mai avuto, il quale, già Notaio certificatore delle relique diocesane, dopo anni di onorato servizio trascorsi in Curia Arcivescovile venne destinato dal Beato cardinal Alfredo Ildefonso Schuster a Canzo come prevosto.
A Canzo monsignor Camillo Fino ha lasciato in eredità alla prepositura tutta la sua collezione di reliquie. Ed è sorprendente apprendere che, grazie al paziente lavoro di don Cristian Pina, non è andato perso il filo sottilissimo, quanto robusto, che annoda la chiesa Santo Stefano Protomartire a San Carlo Borromeo, uno dei più grandi vescovi della storia della Chiesa che in fatto di santità per i milanesi è secondo soltanto a Sant'Ambrogio.
Qual è allora il filo sottolissimo che lega Canzo a San Carlo Borromeo? '«Le quattro relique di San Carlo che ho ritrovato e recuperato'» risponde don Cristian Pina al quale brillano gli occhi nell'elencarle, nella consapevolezza di aver contribuito ad arricchire il patrimonio storico-culturale della chiesa di Canzo.
Ecco l'elenco: il cilicio di San Carlo; De Subligaribus, una camicia che il vescovo di Milano ha indossato nell'arco negli anni della sua attività pastorale nel capoluogo lombardo; la ''tasca'' di San Carlo, contenente una pergamena del '600, ormai consumata; ex indumentis del ''grande atleta di Dio'' (espressione usata qualche secolo dopo per il beato Giovanni Paolo II).
Quella della ''tasca'' è una storia tutta da raccontare, anche perchè ''testimonia'' la grandezza di San Carlo nella carità, nella dottrina, nell'apostolato, ma soprattutto nella pietà e nella devozione. Durante la terribile peste del 1576, l'allora cardinale Arcivescovo assisteva personalmente gli appestati, incurante del pericolo che correva. Era infatti fra i pochi che potevano accedere ai lazzaretti. E riempiva la ''tasca'', una sorta di borsello di stoffa che teneva sotto la veste, con soldi da dare ai malati poveri, mentre da quelli che avevano beni, riceveva lettere e testamenti. Profuse a piene mani la ricchezza di famiglia in favore dei poveri.
San Carlo Borromeno ha visitato la Chiesa di Canzo nel 1574, una visita pastorale per rimanere ammirato dal Crocifisso ligneo inserito nel primo altare laterale sulla destra, entrando in chiesa: ''Habet valde magmum sculptum''. Non poteva certo immaginare, l'allora cardinale arcivescovo, che in quella stessa chiesa a distanza di secoli un giovane sacerdote avrebbe aggiunto significative reliquie, rimettendo a nuovo cilicio e abiti a lui appartenuti e che con il passare degli anni sono diventate importanti reliquie. Bruciato dalla febbre, il titanico vescovo di Milano, il 3 novembre 1584, a soli 46 anni, crollò sotto il peso della sua insostenibile stanchezza.
Marco Marelli
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