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Mercoledì 22 Giugno 2011
Il chitarrista con un rene nuovo:
"Rinato dopo il trapianto"
Fino Mornasco: «È come se fosse rispuntato il sole». Antonio Pezzano, 56 anni, è un fiume in piena mentre racconta la sua storia. L'entusiasmo di questo ti travolge nel tentativo di farti capire quanto sia stata importante per lui la donazione di quell'organo che, viceversa, gli aveva reso la vita un inferno
Sposato con Angela Maria e padre di due figli, Antonio comincia il suo calvario nel 1994, quando i medici, di fronte agli esami eseguiti dopo un lungo periodo di malessere, gli diagnosticano un'insufficienza renale. E la prospettiva è impietosa: nel giro di qualche anno si arriva alla dialisi.
Così, dal 2003 l'esistenza di questo campionatore di cravatte alla Campi di Appiano Gentile, che trascorre il suo tempo libero fra moto e chitarre, viene scandita dall'intervallo di sei ore fra una sacca di dialisi e l'altra. Qualunque cosa succeda, quattro volte al giorno si deve ritirare per mezz'ora, svuotare il liquido dalla sacca peritoneale e sostituirlo con quello nuovo. Anche durante il lavoro.
«A differenza dell'altra dialisi - dice -, questa non crea il problema di ritenzione idrica. Stavo un po' meglio, ma avevo perso totalmente la voglia di andare a suonare. Io che prima ero sempre in giro fra concerti e matrimoni. Sei stanco, non vuoi fare niente. E poi, comunque, sai che non può durare a lungo. Presto o tardi anche questo metodo finisce e devi andare all'ospedale».
Dopo sei anni di attesa, invece, una notte suona il telefono: «Era la dottoressa del Sant'Anna che mi avvisava di prepararmi perché forse c'era un rene compatibile con il mio profilo. Nel giro di un paio d'ore, ricevuta la conferma, ci siamo messi in macchina per raggiungere l'ospedale di Niguarda e alle sette e mezzo ero già in sala operatoria». Poi il risveglio, l'ultima sacca e il periodo di riabilitazione, fra dubbi e paure di rigetto.
«I controlli sono continui, ma la schiavitù della sacca è sparita – continua Antonio –. Piano piano ho ripreso forza, dopo sei mesi il rischio di rigetto si abbatte e nel giro di un anno mi sentivo ringiovanito di 15 anni. Ho ripreso a suonare la chitarra, a usare la moto».
Il pensiero va all'equipe del Sant'Anna che lo ha seguito sempre con tanta competenza e disponibilità. Poi, per un attimo, il racconto si interrompe e un velo di tristezza gli oscura il viso. Si commuove Antonio, mostrando un umiltà forse eccessiva nel pensiero che magari quel rene sarebbe dovuto andare a qualcuno più meritevole di lui. Tra Fender, Gybson e Ibanez, però, riesce subito a distrarsi. Imbraccia l'ultima arrivata, una Les Paul, inserisce il jack e accende l'amplificatore: «Ti piace Hotel California?».
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