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Giovedì 23 Giugno 2011
Ordinanza anti fracassoni
I locali pubblici non chiudono
Non s'ammazza una città già morta. Nella più bella e lunga sera dell'anno, quella del solstizio d'estate, Como pare in coma. O almeno sotto anestesia. Due ore a passeggio, dalle undici all'una, a cavallo della mezzanotte fatidica, quella in cui le Cenerentole col bicchiere in mano dovrebbero far fagotto leste, nel timore che sbuchi un vigile con in mano il blocchetto della multa
COMO - Non s'ammazza una città già morta. Nella più bella e lunga sera dell'anno, quella del solstizio d'estate, Como pare in coma. O almeno sotto anestesia. Due ore a passeggio, dalle undici all'una, a cavallo della mezzanotte fatidica, quella in cui le Cenerentole col bicchiere in mano, sedute fuori dai pochi bar aperti, dovrebbero far fagotto leste, nel timore non già di perder la scarpina di cristallo, bensì che sbuchi un vigile con in mano il blocchetto della multa. Tranquilli, nel primo giorno d'ordinanza, vedere un vigile è facile quanto incontrare una zucca trasformata in carrozza. Non che se ne senta il bisogno: pur se la sera è da consegnare agli almanacchi della meraviglia (fresca, serena, luminosa) di gente in giro ce n'è poca. Per le strade della città murata qualche coppietta, un paio di ragazzine di terza media, anziani a passeggio col cane...
In quattro piazze (Duomo, Cavour, Mazzini e Volta) si rilevano tracce di vita. Ai tavolini siede un'umanità composita, età media bassa ma garbo e toni da galantuomini al circolo della caccia. Nessuno urla, grida, schiamazza. Al massimo, c'è chi bisbiglia. Medesimo tenore al Cortiletto, di fronte a piazza Martinelli. La parte del lupo cattivo la fa sempre via Diaz, a mezza altezza, dove sei ragazzi, non di più, se la ridono e fanno baccano. Se fossero a Milano Marittima sarebbero più innocui di angioletti in gita, però qui, nel vuoto sepolcrale, sembrano Brenno e i Galli al sacco di Roma.
La lancetta gira. Non si sentono i rintocchi di alcun campanile ma l'ora è giunta. Mezzanotte. Attendiamo un fuggi fuggi generale, i baristi allarmati che invitano la gente ad andarsene, un parapiglia avanti e indietro per raccogliere stoviglie e abbassare la serranda... Niente. Neanche una piega. Tutto procede come prima.
Una mezz'ora dopo il panorama cambia, la gente se ne va, ma nulla lascia pensare che lo faccia per rispettare l'ordinanza, bensì perché s'è fatto tardi e domani si lavora. Il silenzio torna tombale, anche in via Diaz. Unica eccezione, scherzo del destino, in piazza Mazzini, a dieci metri dal portone del sindaco. È una compagnia di ragazzi e ragazze, in apparenza liceali, che hanno appena lasciato la pizzeria e che non ne vogliono sapere di sciogliere la truppa. S'è fatto un quarto all'una, qualcuno in centro storico resiste ma è nelle vie attorno alle mura che la serata è briosa. L'ordinanza di Bruni lì non contempla alcun giro di vite. All'Est est est di via Grossi qualche avventore chiacchiera sul marciapiede; pieni i tavolini del chiosco fuori dalle mura, di fronte a piazza Vittoria; idem per via Fiammenghino, a ridosso di piazza Amendola; stracolma la Capannina di viale Geno; affollato il Pura Vida. C'è gente, non caos. Voci e rumore, quello sì, ma nulla di apocalittico o da invocare la cavalleria.
Torniamo in città murata, la zona che il sindaco vuol mettere sotto una campana. Un deserto. Certo, è solo martedì, nel fine settimana sarà peggio, ma parliamo di tre mesi all'anno. Anche meno, se piove. L'impressione è che invece di un'ordinanza che ha il sapore dell'editto bulgaro, basterebbero due coppie di vigili, in bicicletta, che non si facciano intimorire e quando i pochi fracassoni diventano padroni di una via, chiedano i documenti e non abbiano tolleranza per chi davvero disturba la quiete pubblica. Però anche chi grida allo scandalo per il provvedimento comunale raglia alla luna. Dopotutto per nove decimi di città non cambia nulla e a parte gli eccessi, nessuno sembra avere il coltello tra i denti per trasformare Como in una città della Lituania quando ancora c'era l'Unione Sovietica.
Giorgio Bardaglio
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