Homepage / Como città
Martedì 28 Giugno 2011
Tre milioni in 22 anni
l'affitto per l'Archivio
Almeno tre milioni di euro: è quanto avrebbe sborsato il ministero dei Beni Culturali dal 1994 per utilizzare come Archivio di Stato uno stabile al numero 8 in via Briantea. Sotto il profilo giuridico, è “un'occupazione senza titolo"
La prestigiosa istituzione è infatti sfrattata dal 1994 dalla sede in cui era entrata trent'anni prima, un antico palazzo di proprietà degli armatori genovesi Costa, fino agli anni '60 adibito a seteria, una produzione importante ed apprezzata che, anche in una recente mostra, ha suscitato stupore. Nel 1985, la proprietà propose al ministero la vendita del palazzo o, quantomeno, dei 2.500 metri quadrati che occupava con l'Archivio, ma non ottenne risposta e, quattro anni dopo, vinse la causa di sfratto, sentenza a suo favore confermata dalla Corte d'Appello. Seguì il precetto: tempo scaduto, contratto risolto, lo sfratto è esecutivo. Intervennero tentativi per dare una nuova e definitiva sede all'Archivio che, nel frattempo, aumentava il servizio alla cultura e brillava sempre più per immagine, un processo che non s'è mai invertito. Anzi, la tendenza è continuamente verso l'alto. Dunque, varie ipotesi di sistemazione, a cominciare dal chiostro di Sant'Abbondio, con un grande contenitore interrato, ma all'antico compendio, fu data destinazione universitaria e, nel frattempo, la proprietà dello stabile passò alla Srl Villa Sampi del gruppo Sampietro, attività imprenditoriali di rilievo, nel settore tessile ed alberghiero. La sostanza: un privato cittadino, che sia individuo o società, da anni impegna i propri beni a favore della collettività, della cultura, della conservazione delle memorie, per 80 euro al metro quadrato. E' verosimile che negli anni l'importo dell'affitto, ora indennità di occupazione senza titolo, poiché non c'è più un contratto, sia aumentato del 20% in forza dell'indennità; erano circa 360 milioni di lire e sono diventati 200.000 euro, ma la proprietà privata non può disporre dei propri beni. Nel 2005, la svolta: fu individuata la caserma De Cristoforis come possibile sede dell'Archivio di Stato, poiché era diventata Centro Documentale. A richiesta, il Demanio fece presente che «la caserma De Cristoforis uscirà dalle capacità gestorie di codesto istituto», ma è ancora militarizzata e gli interventi per adeguare un'ala ad Archivio di Stato sarebbero incompatibili con le attuali disponibilità dei ministeri, propensi a tagliare più che ad investire in manutenzione ordinaria (ridotta al 3% del valore dell'immobile) e straordinaria. Ogni anno, sono 200.000 euro in più per svolgere le funzioni istituzionali in uno stabile privato, ma i ben informati si chiedono in quale iter si imbarcherebbe un privato che procede con lo sloggio di un ufficio ministeriale il quale conta otto dipendenti, ma soprattutto dieci chilometri di scaffalature, il 40% in più da quando fu trasferito da via Borgovico, nel 1965. L'ufficiale giudiziario dovrebbe inventariare tutto nel dettaglio, cambiare la serratura per non far più entrare nessuno, la proprietà dovrebbe provvedere alla custodia di un patrimonio inestimabile e collettivo, un giudice dovrebbe indicare dove va portato, tanto per accennare a qualcuno dei problemi. «Avete mai provato – chiedono gli addetti ai lavori – ad eseguire lo sloggio di un inquilino che non se ne vuole andare, soprattutto se non sa dove andare?». Ma la domanda riguarda la possibilità di trovare una sede per l'Archivio di Stato, ufficio pubblico che, per questo motivo, deve stare dove c'è il pubblico, cioè in un luogo accessibile. I nostri parlamentari hanno assicurato che sottoporranno la questione al Ministero: non da ultimo, l'Archivio di Stato non ha più spazio per i documenti.
Maria Castelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA