Verbali falsi e minacce
Brigadiere di Como nei guai

La procura chiede la sospensione dalla Guardia di finanza di chi indagò sul "complotto" contro il cda della Ca' d'industria

COMO - È un venerdì di fine aprile, il giorno in cui tutto ha inizio. Giorgio Riboldi, agente della polizia locale di Como, apre il giornale e sbianca. Legge di essere stato denunciato per aver calunniato Davide Scarano, il dipendente di Ca' d'Industria finito al centro di una bufera giudiziaria che sembra ben lungi dal placarsi. Ma più che per l'accusa, il vigile urbano vacilla di fronte alla rilettura delle sue parole, riportate dall'articolo e pescate dal suo verbale di testimonianza, reso davanti a un uomo della polizia giudiziaria del pm Daniela Meliota. Scarano? «Uno dei sobillatori più accaniti» della protesta contro i vertici di Ca' d'Industria, era scritto. Un uomo «minaccioso e provocatorio». Protagonista - stando al verbale - di un pomeriggio di ordinaria «istigazione alla violenza», in occasione dell'incontro della commissione sulla casa di riposo convocata a Palazzo Cernezzi: «Si trattò di un vero e proprio tentativo di linciaggio», avrebbe detto l'agente della polizia locale. Peccato che quel giorno, era il 17 marzo 2010, Giorgio Riboldi in Comune dice di non averci neppure messo piede. Era impegnato in altre faccende, altro che il servizio d'ordine per la commissione sull'esternalizzazione del servizio mensa alla casa di riposo. Il vigile chiude il giornale e si precipita in procura, accompagnato dal suo avvocato. E davanti al magistrato racconta un'altra storia: «Io quelle cose non le ho mai dette».
Come un vaso di Pandora (che chiaramente tale non è, nella lettura che ne fa la difesa dell'ufficiale di polizia giudiziaria che ha firmato il verbale) il fascicolo, uno dei numerosi legati all'anno più nero vissuto da Ca' d'Industria, si apre a una serie di testimonianze inedite, di accertamenti e di elementi tali da trasformare l'accusatore in accusato. Al punto che la procura di Como ha chiesto nei giorni scorsi al giudice delle indagini preliminari la «misura cautelare» della sospensione dalla guardia di finanza del brigadiere che indagò sul presunto complotto contro Domenico Pellegrino e contro tutto il cda della casa di riposo.
Michele Miccoli, brigadiere della guardia di finanza in servizio - fino a pochi mesi fa - nell'aliquota della polizia giudiziaria del palazzo di giustizia, è accusato di concussione, falso e calunnia. Concussione per avere - secondo l'accusa - minacciato Davide Scarano di spedirlo a processo, non avesse chiesto scusa a Domenico Pellegrino per le critiche rivolte ai vertici di Ca' d'Industria all'epoca dell'esternalizzazione del servizio mensa e se non avesse ammesso di aver offeso il presidente della casa di riposo; falso per il verbale di testimonianze del vigile urbano, ma anche per quello del consigliere di Ca' d'Industria Cesare Guanziroli, che avrebbe disconosciuto pure lui (come l'agente Riboldi) quanto riportato come sua testimonianza - relativa sempre l'atteggiamento "minaccioso" di Scarano nell'ormai famosa riunione della commissione consigliare del marzo 2010 - nel verbale firmato dal brigadiere Miccoli; infine calunnia, per le accuse di diffamazione e istigazione alla violenza mosse a carico dello stesso Scarano, accusa - sostiene la procura - ipotizzata in forza di quei verbali considerati falsi.
Ieri mattina l'ufficiale dei polizia giudiziaria avrebbe dovuto comparire davanti al gip Nicoletta Cremona per l'interrogatorio di garanzia, ma il giudice ha concesso (su richiesta dei legali di Miccoli) una dilazione: nuovo appuntamento l'11 luglio. La decisione sulla richiesta di sospensione cautelare dalle fiamme gialle è dunque attesa entro la metà del mese prossimo.
Paolo Moretti
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