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Martedì 26 Luglio 2011
Quasi settemila comaschi
in cassa integrazione o mobilità
Alla vigilia della chiusura delle fabbriche per la pausa estiva è ancora alto il tributo alla crisi sul fronte dell'occupazione
Per quanto riguarda il tessile, che si conferma il principale settore manifatturiero della provincia di Como, cinquemila gli occupati che anche in questa prima parte del 2011 stanno facendo i conti con periodi di cassa integrazione, nell'80% dei casi ordinaria. I dati, come sempre, si riferiscono alle ore autorizzate dall'Inps su richiesta delle aziende, anche se poi l'effettivo uso in molti casi si riduce a meno della metà. Nell'elenco, grandi e piccole imprese. Denominatore comune per tutti, la difficoltà di gestire modelli organizzativi nuovi dettati dalle mutate regole di mercato, con una struttura industriale vecchio stampo. Da qui il ricorso, in aumento, della cassa ordinaria, considerato uno strumento utile per garantire flessibilità a costi ridotti per l'azienda. Centottanta, invece, i lavoratori in mobilità. Poco più di duemila quelli del settore metalmeccanico in cassa, per un totale di 79 le aziende in difficoltà.
«La crisi anche se non ancora in maniera così acuta sta ancora "mordendo" e temo che a fine anno il tributo in termini di posti di lavoro non sarà basso» sottolinea Gloria Paolini, segretario provinciale della Femca Cisl. Per quanto riguarda il tessile, è proprio Como la provincia che detiene a livello regionale il record di richieste di cassa integrazione. Al secondo posto, Bergamo (4700 lavoratori coinvolti) e Varese (4200 lavoratori). Complessivamente, secondo i dati dell'Osservatorio Cisl, nei primi sei mesi di quest'anno, 1056 i posti di lavoro persi nel tessile in Lombardia per la cessata attività di 36 aziende.
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