«Olindo e Rosa gretti assassini»
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Ecco la sentenza della corte di Cassazione, secondo cui non vi sono dubbi sulla colpevolezza di Rosa Bazzi e Olindo Romano nella strage di Erba
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Insomma: Rosa Bazzi e Olindo Romano, a fronte di «un orizzonte probatorio ben delineato da una linea netta tracciata da contributi di risolutiva valenza e significazione», sono colpevoli al di là di ogni ragionevole dubbio. È quanto sostengono nella loro motivazione i giudici della corte di Cassazione, che lo scorso maggio hanno definitivamente condannato all'ergastolo i coniugi di via Diaz, additandoli senza più timore di smentita come i mostri di Erba.
In 68 pagine i giudici della Suprema corte hanno smontato pezzo per pezzo il ricorso della difesa di Rosa e Olindo. A partire dal quadro probatorio emerso nel suo complesso nell'inchiesta, «tessere» di un «mosaico indiziario» che «assumono rilievo a fronte di una valutazione sinergica» e che indicano nei due vicini di casa gli autori della strage. Un «efferato gesto» il cui movente è da ricercare in un «meccanismo reattivo generato da sentimenti di odio, grettezza, individualismo, covati per lungo tempo».
I giudici si soffermano a lungo a valutare l'attendibilità di Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla furia assassina dei coniugi Romano: «Un testimone che progressivamente, dopo il trauma, acquisì lucidità e potè fare fronte compiutamente alle richieste di chiarimento che gli venivano avanzate». Un testimone che «ha sempre tenuto fermo di aver avuto distinti in mente i tratti del Romano come suo aggressore, ma di aver esitato a menzionarlo» fin da subito «perché voleva capire come fosse stato possibile che un normale condomino si fosse accanito così brutalmente su di lui e sua moglie».
Infine, nello spazzar via i dubbi sulla capacità di intendere e di volere dei Romano e le illazioni sulle piste alternative, a partire dalla vendetta contro Azouz Marzouk, i giudici hanno bollato le confessioni come pienamente attendibili, soprattutto laddove Rosa ha mimato l'omicidio «del piccolo Youssef urlante, mimica ritenuta molto più efficace delle parole».
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La Cassazione sulla strage di Erba