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Domenica 25 Settembre 2011
La mamma comasca
che dopava la figlia
Sono dodici i lariani finiti nei guai nell'indagine sugli anabolizzanti nel mondo dello sport anche a livello dilettantistico
È comasca quella che tra gli inquirenti è già stata soprannominata "mamma doping". Che non è la «mother» cantata dai Pink Floyd, quella che «trasmette tutte le sue paure nei figli» o «che li aiuta a costruire il muro», ma quella che su internet ordina anabolizzanti perché «mia figlia non può arrivare seconda». Quindicenne, residente nella zona dell'Erbese e studentessa. È la più giovane tra i presunti dopati scoperti dai Nas di Torino e dai magistrati della Procura piemontese. Il nome della madre - così come il comune di residenza - va tenuto riservato per tutelare la figlia: vittima di un «singolare spaccato del nostro Paese anche dal punto di vista etico», lo definisce il procuratore di Torino, Raffaele Guariniello.
Sono dodici i nominativi comaschi finiti nella maxi inchiesta sul traffico di sostanze proibite nel mondo dello sport dilettantistico. Nomi inaspettati come quello della madre della giovane nuotatrice, accusata di essere da mesi in contatto con i pusher del doping da somministrare alla figlia di soli 15 anni, con la complicità di un preparatore atletico.
Nomi ricorrenti nelle indagini sul doping, come nel caso di Davide Ardigo Alfred Posca>, 41enne preparatore atletico comasco con studio in via Tazzoli a Carugo, arrestato perché considerato uno dei pusher per aspiranti dopati.
Poi i nomi degli "atleti" o, in ogni caso, degli acquirenti o degli utilizzatori finali delle sostanze proibite. Nomi del mondo del ciclismo dilettantistico, del calcio e di altri sportivi della domenica. A parte Posca gli altri sono accusati di ricettazione. E di frode sportiva: non serve De Coubertin, d'altronde, per capire che «mia figlia non può arrivare seconda» dovrebbe essere al massimo l'esagerato auspicio di una madre esagitata.
Paolo Moretti
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