«Noi, comaschi a Roma
Prigionieri nell'inferno»

Voci di comaschi da Roma, una ventina in tutto, al seguito degli «indignados» testimoni dei disastri di piazza San Giovanni.

COMO Voci di comaschi da Roma, una ventina in tutto, al seguito degli «indignados» testimoni dei disastri di piazza San Giovanni.

Enzo Arighi, per esempio, già tra i sostenitori del comitato comasco per l'acqua pubblica: «È stato un po' come rivivere il G8 di Genova», scrive sulla sua pagina Facebook raccontando di scenari apocalittici e di inciampi di forze dell'ordine apparentemente un po' sprovvedute: «In parecchie occasioni polizia e carabinieri sostavano inermi di fronte a sportelli bancomat sfasciati, a carrelli zeppi di spazzatura pronti a essere incendiati e lanciati nel vialone in mezzo alla folla...».

Sul blog dell'agenzia di stampa Ecoinformazioni c'è un breve reportage postato da Barbara Battaglia, addetto stampa della Cgil comasca oltre che collaboratrice della stessa agenzia, un resoconto live e sintetico di una giornata da dimenticare: «Piazza San Giovanni a ferro e fuoco. Dopo la guerriglia, lo scenario è desolante: pali e pezzi di asfalto divelti, bottiglie, transenne, un'auto bruciata… I manifestanti che sono riusciti ad entrare in piazza, presidiata ora da poche decine di poliziotti, sono incazzati: i “neri” hanno rovinato il corteo, insultato i manifestanti, spaccato vetrine e incendiato cassonetti e auto».

La testimonianza più incredibile è però quella di due comaschi di Mariano Comense e di Cabiate, residenti a pochi chilometri di distanza l'uno dall'altro ma mai incontratisi prima di sabato, prima del corteo degli indignados, cui entrambi partecipavano dall'alto di un paio di trampoli: «È stato folle - racconta il marianese Andrea Cappellini - Mi sono ritrovato davanti Filippo, pure lui sui trampoli, con in mano una gigantesca carota e un bastone preparati a mò di sfottò per il corteo pacifico. Ha rischiato moltissimo, cercando di fermare questi incappucciati, black bloc, chiamateli un po' come volete. Prima si è piazzato di fronte a una vetrina per proteggerla, poi si è seduto su un cassonetto per impedire che lo rovesciassero... Gli hanno tirato addosso di tutto».

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