Cultura e Spettacoli
Mercoledì 19 Ottobre 2011
«Facchetti? Il mio eroe»
Così il figlio lo racconta
Il campione, manager e bandiera dell'Inter protagonista di un libro denso di aneddoti. "A renderlo epico - dice il figlio Gianfelice - è stata la sua umanità". Leggi l'intera intervista nell'edizione del 20 ottobre, in edicola. La presentazione avverrà il 20 ottobre alla libreria Ubik di piazza San Fedele. Interverrà il giocatore Esteban Cambiasso.
di Severino Colombo
Come si racconta un eroe moderno? Questa domanda se l'è posta Gianfelice Facchetti, figlio di Giacinto, leggenda del calcio, capitano dell'Inter e della Nazionale, scomparso nel 2006. Il libro "Se no che gente saremmo", da poco uscito per Longanesi (pp. 182, € 14), è il riuscito tentativo di dare una risposta a quell'interrogativo. Oltre che ad altre domande sul senso dello sport, sul valore della vita e sulla qualità che può avere un rapporto affettivo tra un padre famoso e un figlio che ha saputo trovare la sua strada. Facchetti jr 37enne, di professione regista, attore e autore, è il 20 ottobre alla libreria Ubik a Como (ore 18.30, piazza San Fedele ingresso libero) per parlare della sua memoria del campione e del calcio di oggi e di ieri.
Signor Facchetti, il sottotitolo del libro è chiaro («Giocare, resistere e altre cose imparate da mio padre») il titolo merita, invece, una spiegazione. Qual è?
Durante i Mondiali in Germania del 1974, dove l'Italia tornò a casa sconfitta dopo solo tre partite, mio padre fece allo scrittore Giovanni Arpino la promessa che sarebbe stato il padrino di suo figlio se fosse nato un maschio. Qualche mese dopo nacqui io (28 agosto 1974, ndr), Arpino prima venne in clinica e poi mi tenne a battesimo. Il racconto di quel giorno è diventato il finale del suo romanzo "Azzurro tenebra": «Nella vita si dice una cosa ed è quella. Sennò che gente saremmo». Mio padre era davvero così, quando dava la sua parola la manteneva.
Una correttezza che ne faceva un fuoriclasse in campo e nella vita. Per raccontarlo lei non ha scritto la classica biografia ma un libro di ricordi che a tratti sembra a un romanzo.
All'indomani della sua scomparsa mi avevano chiesto di scrivere una biografia. Ma un figlio non è la persona adatta per raccontare la vita del proprio padre, è troppo coinvolto. Questo libro è diverso.
In che senso?
Avevo voglia di raccontare una persona, non soltanto un calciatore. C'erano molte cose di lui che mi stavano a cuore, le avevo in testa e volevo trovare il modo giusto per renderle condivisibili non solo nella cerchia degli interisti, ma anche degli sportivi e di chiunque altro. Così è nata questa libera ricostruzione, un libro che non segue la cronologia, va avanti e indietro nel tempo. L'unità del racconto non è narrativa ma emotiva: si polverizza la dimensione del tempo. Si inseguono vecchi ricordi ma lo sguardo è rivolto avanti. alle porte.
(Leggi l'intera intervista su La Provincia di Como in edicola)
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