L'euro, la politica
e l'occasione persa

L'improvvida "uscita" di Silvio Berlusconi sull'euro, poi in qualche modo ridimensionata, ha avuto quanto meno il merito di richiamare l'attenzione generale sul tema della moneta sovranazionale e, più in generale, sul processo di unificazione europea.
Come spesso gli capita, il premier ha detto apertamente quello che in molti pensano: e in tal modo ha dato voce alla diffusa convinzione che l'ingresso dell'Italia nell'euro abbia causato più danni che benefici. Nella nostra società è diffusa la percezione che la nuova moneta abbia portato a una crescita vertiginosa dei prezzi, spingendo a convertire in euro - nei fatti - le vecchie mille lire. Nelle imprese c'è pure chi ricorda con nostalgia le svalutazioni, che indebolendo la moneta (e di fatto sottraendo risorse ai risparmiatori) permettevano alle nostre industrie di esportare con maggiore facilità. Le questioni sono complesse e, come sempre succede, c'è almeno una parte di verità in simili considerazioni. Bisogna però ricordare come la moneta sia uno strumento fondamentale in ogni economia e che essa è tanto migliore quanto più è stabile. Il progetto di una valuta comune "figlia" del marco tedesco va letto entro questo prospettiva. Per giunta, passando all'euro l'Italia ha potuto ridurre l'onere degli interessi sul debito pubblico: e se i governi dell'ultimo decennio avessero operato bene si sarebbe potuta sfruttare questa circostanza per ridimensionare la quantità di Btp in circolazione.
Ciò non è avvenuto e ora si stanno usando fondi europei per evitarci guai peggiori. In tale frangente storico, tutto però ci è concesso meno di fare gli spiritosi con quanti stanno destinandoci molte loro risorse.
Nonostante questo, è ancora tutto da dimostrare che dare vita all'euro sia stata una scelta saggia: specie nel medio e lungo termine. Non c'è dubbio che essersi agganciati a una moneta usata anche all'interno di altre economie dell'Europa ci sta spingendo ad assumere quei comportamenti più virtuosi (si veda l'ultima missiva di Berlusconi) che in assenza di tale vincolo esterno non avremmo preso in considerazione. Bisogna però aggiungere che l'euro è stato il classico carro posto davanti ai buoi. Si è voluta l'unione monetaria al fine di accelerare i tempi dell'unificazione politica; e infatti oggi sono molti a chiedere che per uscire dalla crisi dei debiti pubblici si abbia a Bruxelles, e al più presto, un governo economico comune.
Sarebbe una scelta irragionevole, dato che l'Europa è composta di società molto diverse: anche sul piano linguistico e culturale. Per giunta, questa Europa unificata a forza, e lo si vede già ora, rischia di rappresentare una progressiva perdita di responsabilità. Quella che va emergendo, in effetti, è un'Europa che elargisce aiuti e in cambio sottrae sovranità. Non c'è da stupirsi, per altro, che nel momento in cui mette mano al portafogli la signora Merkel pretenda che si abbandonino talune cattive abitudini. È già successo ad Atene e sta per ripetersi a Roma o a Madrid. Perché, lo si sa, chi paga comanda.
Ma un'Europa in cui qualcuno decide e qualcun altro obbedisce (in cambio di cospicue sovvenzioni) non promette nulla di buono.
Carlo Lottieri

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