Sull'Isola di Boecklin
un po' di lago di Como

Proseguono le lezioni del pittore Giuliano Collina, che guida i lettori nella comprensione di opere d'arte note o meno conosciute, come quella che proponiamo, dell'artista di Basilea (1827-1901). Scarica il pdf della precedente puntata, dedicata a Bruegel il vecchio.

di Giuliano Collina

Su un breve specchio d'acqua e contro un plumbeo cielo incombente, sorge un'isola di pietra. Fatta di dirupati, scoscesi monoliti chiari, biancastri, l'isola contiene nel suo centro un folto gruppo di cipressi le cui cime gareggiano in altezza con le rocce che li avvolgono. Sono loro, i cipressi, i protagonisti del dipinto, loro sono i custodi, solo loro prosperano su quella poca terra che deve affiorare dall'acqua, ma che nemmeno si intravvede: bui, appena appena un po' verdi prima di apparire neri del tutto, fronteggiano, sfiorano le arche funebri scavate in sovrapposizione nelle rocce. Nient'altro, se non un piccolo occhio centrale dove trascorre una piccola barca recante un feretro bianco inghirlandato, un rematore nero e un personaggio del tutto avvolto, da capo a piedi, in un sudario bianco.
Potrebbe sembrare inutile tentare una descrizione di quanto già ci appare osservando un dipinto, eppure io credo che un simile approccio possa risultare nient'affatto ozioso. La decodificazione di un'opera d'arte, secondo me, passa in prima battuta proprio dall'analisi del suo soggetto. Immaginiamo di dover descrivere un dipinto a chi non lo conosce e allora mettiamoci molta attenzione nell'osservarlo, forse ci scopriremo dentro tanti particolari significanti, non casuali. E simile prassi vale per tutta la pittura, tanto per quella figurativa dei secoli storici quanto per la cosiddetta arte astratta del novecento, perché anche le forme geometriche, le strutture non figurative, le macchie, le gocciolature, le libere pennellate hanno individualità che, se messe in sequenza, generano anche loro un "soggetto".
Dunque e ancora a proposito dell'"Isola dei morti" di Arnold Boecklin, dopo averne individuato prima il luogo e poi l'azione, prima il palcoscenico vuoto, poi la scenografia e per ultimo gli attori, arriva anche il tempo per gustarne il sapore. Il silenzio domina la scena, il tempo è rallentato, i cipressi non stormiscono, il temporale sembra sospeso e la barca scivola adagio verso l'ingresso dell'isola delimitato dai propilei che inquadrano la tragica figura del dolente e che ripetono in piccolo i due monoliti di roccia. È questa un'opera tutta rivolta al tema del silenzio, nulla lo interrompe, almeno per il tempo di queste insolite esequie. È il silenzio un po' triste, spesso protagonista anche del nostro lago, quello che nemmeno si rompe quando ascoltiamo i suoni provenienti dall'altra sponda, lontani ma udibili, perché condotti dall'acqua e l'acqua di quest'isola dipinta è certamente acqua di lago, non di mare anche se non sono visibili le sponde.
Uno specchio d'acqua ferma, senza la minima increspatura dove la barca trascorre lentissima gravata dal peso della bara e con il rematore che rema in piedi come ancora oggi si usa sul nostro lago.

(Leggi l'intero articolo sull'edizione cartacea de La Provincia di Como, in edicola il 6 novembre)

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