Artigiani allo stremo
«Rischino le banche»

«Finora abbiamo rischiato noi imprenditori. È giunta l'ora che pure le banche imparino a farlo. Perché le piccole imprese non hanno altro aiuto e abbandonarle al loro destino significa ammazzare la ripresa».
Ecco la risposta del mondo economico comasco alle dichiarazioni del presidente regionale di Intesa San Paolo, Pier Aldo Bauchiero.

COMO «Finora abbiamo rischiato noi imprenditori. È giunta l'ora che pure le banche imparino a farlo. Perché le piccole imprese non hanno altro aiuto e abbandonarle al loro destino significa ammazzare la ripresa».
Ecco la risposta del mondo economico comasco alle dichiarazioni del presidente regionale di Intesa San Paolo, Pier Aldo Bauchiero. Il quale, ha sostenuto che, se proprio la banca non può farne a meno, accorderà credito alle imprese con forti distinguo. Non si è, così, fatta attendere la dura replica del presidente dell'Ance, Marco Doneda. Perché il rischio di fallimento in massa di una buona fetta di tessuto produttivo non sarebbe ai suoi occhi così aleatorio. Ne è convinto il mondo artigiano.
«Le banche, soprattutto quelle locali, - esordisce Mauro Cazzaniga, presidente regionale del settore legno di Confartigianato - dovrebbero ricordarsi che in passato hanno potuto crescere grazie ai fondi che hanno depositato in esse gli artigiani, spinti negli anni del boom economico a fare investimenti, acquistare i capannoni, assumere. Ora, che i piccoli imprenditori hanno una cambiale da pagare ogni fine mese, le banche devono smetterla di stare col fiato sul collo all'imprenditore, alzare il costo del credito ed erogarlo all'impresa dopo mille scongiuri. È bene che il rischio d'impresa ritorni ad essere un fattore comune. Altrimenti le aziende, che un tempo hanno foraggiato le riserve delle banche, rischiano ora di dover fallire per colpa loro». Pure Enrico Benati, presidente Cna Cantù, non ha dubbi a denunciare la criticità  dell'attuale frangente.
«Ho sempre ritenuto che un imprenditore deve evitare il più possibile di ricorrere alle banche. Perché in esse non troverà giovamenti, anzi. Solo problemi che si andranno ad assommare al dramma del lavoro che cala e alla difficoltà di intercettare la ripresa. Intanto, il costo della vita resta alto e, se un impresa comincia a vacillare, è perduta». Sul fronte degli industriali, la preoccupazione resta in egual modo tangibile. «Nel comparto del tessile, così come nei settori della meccanica e del legno - sentenzia Graziano Brenna, vice presidente di Confindustria, - non si capisce come le banche possano negare il credito ad imprese che possiedono bilanci solidi e progetti innovativi. Ovvio che poi l'imprenditore deve saperci mettere del suo. Però, nel momento in cui entrambi decidono di farsi carico del rischio, non vedo con quale coraggio una banca possa ostinarsi a tenere chiusi i rubinetti».

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