Gazebo e moschea
Il flop della Lega

«Mai una moschea a Como» tuona la Lega. Ma proprio la titolare della tintoria davanti al centro culturale islamico di via Pino dice: «Chi mi ha aggredito era italiano. Gli arabi non mi hanno mai fatto niente»

COMO «Mai una moschea a Como, non ci sono le condizioni né a Camerlata né da altre parti. E siamo contrari anche al mantenimento dell'attuale centro islamico, perché non possiamo sapere cosa accade all'interno e cosa può nascondere». La Lega sale sulle barricate e rispolvera quello che ormai è un suo cavallo di battaglia: il presidio, con gazebo, all'angolo tra via Napoleona e via Pino (a pochi metri dalla sede del centro culturale).
Ma mentre i lumbard bocciano senza appello la richiesta di una moschea, la titolare della tintoria situata di fronte al centro culturale di via Pino invita a «evitare discriminazioni». La modalità scelta per l'appello, tra l'altro, è insolita: la signora Carmen Cangi - che nei giorni scorsi ha subito un tentativo di rapina - ha deciso di affiggere alla vetrina del negozio un cartello per fare chiarezza sull'accaduto e smentire le dicerie che circolano nel quartiere. «Chi mi ha aggredito l'altra sera - si legge - è comasco, italianissimo! Smettiamola di discriminare gli altri quando il marcio è dei nostri». L'uomo che aveva tentato il colpo, subito arrestato e ora in carcere, in effetti è di Lipomo. «Qui si tende a fare di tutta l'erba un fascio - dice la titolare - ma a me gli islamici non hanno fatto nulla di male e ho voluto spiegare a scanso di equivoci che la loro presenza non c'entra nulla con l'episodio dell'altro giorno».

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