Si accendono i motori per il prossimo Festival di Sanremo, diventato ormai, più che una vetrina per la canzone, una specie di circo mediatico.
Anche l'edizione 2012 vedrà un leggenda della nostra musica leggera, Gianni Morandi, che sembra incarnare il mito di Dorian Gray, passare dalle note al “baudismo” nazionalpopolare, ma soprattutto si vocifera della presenza di Adriano Celentano, ormai più ascoltato di Napolitano.
L'autore di “24 mila baci” e “Chi non lavora non fa l'amore” si propone come autentico leader di una nuova maggioranza silenziosa che contesta scelte politiche ed economiche dal divano del salotto. Lui e Beppe Grillo, e anche il Crozza camaleontico, sono ormai, grazie alla potenza del web, i leader di una nuova politica in apparenza fatta di semplici “outing”, ma in realtà più sottile e attenta al consenso di quanto si possa immaginare. Sarebbe curioso vedere l'effetto di una loro discesa in campo.
Giovanni Serra
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Non so dirle se gli italiani abbiano ancora voglia di qualcuno che scenda in campo: credo che ne abbiano avuto abbastanza. Forse preferirebbero qualcuno che, invece di scendere, salga assieme a loro - e possibilmente li preceda con l'esempio - sull'interminabile scala di questa crisi epocale che taglia le gambe e mozza il respiro.
Celentano leader? Mah! Quando cantava «Chi non lavora non fa l'amore», c'era lavoro per tutti e il problema non si poneva; oggi che di lavoro non ce n'è più per nessuno, spero che ai nostri milioni di disoccupati sia rimasta almeno quella consolazione. Dia retta a me: ciascuno deve fare il proprio mestiere. Ai cantanti le canzonette - che tali restano, anche quando sembrano impegnate - ai comici le barzellette, ai politici la politica. Perché la storia recente ci insegna che quando i ruoli si mischiano, i comici fanno politica e i politici cantano e raccontano barzellette, il conto lo pagano i cittadini. Ed è un conto salato.
Pier Angelo Marengo
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