«Gli svizzeri da noi
per comperare le bionde»

Dietro al banco del bar Principe a Ponte Chiasso della famiglia Rescaldini, dal 1912, si sono alternate quattro generazioni di titolari. E tra i clienti sono passati i calciatori Lorenzi e Mazzola, Dorelli e il baritono Becchi.

PONTE CHIASSO  Dietro al banco del bar Principe della famiglia Rescaldini, dal 1912, si sono alternate quattro generazioni di titolari. E tra i clienti sono passati i calciatori Lorenzi e Mazzola, Dorelli e il baritono Becchi.
Ora il titolare è Stefano Rescaldini, 48 anni, che ha ereditato la gestione dal padre Giorgio e dal nonno Paolo.
Da sempre il bar Principe è un punto di ritrovo per tutto il quartiere e di recente anche la Regione lo ha riconosciuto come "esercizio storico di rilievo locale". «Il mio bisnonno ha acquistato l'attività quando era ancora sull'altro lato della strada - spiega Stefano -. Era un bar poi è diventato anche regia privativa e nel 1929 sono subentrati mio nonno Paolo e suo fratello Riccardo».
Poi nel 1936 i due fratelli si sono divisi, Riccardo si è occupato di altro e Paolo ha trasferito l'attività dove si trova ancora oggi chiamandola "Regia Privativa Caffè Principe" in onore del coetaneo Umberto di Savoia.
Giorgio Rescaldini, 79 anni racconta: «La vera impresa da bambino era riuscire a giocare tra scuola e bar, però se nevicava ne approfittavamo per scendere con la slitta da Monte Olimpino fino a qui».
La ricevitoria del lotto che è stata una delle prime in città. «Restavamo aperti fino alle due di notte, da quando c'è la tv meno persone escono di sera e chiudiamo prima - spiega Giorgio - prima era più semplice avere rapporto familiare con i clienti, ora tengono un po' più le distanze, anche se abbiamo la nostra clientela affezionata».
E c'è chi entra nel bar complice anche il confine con la Svizzera. «Tante persone sono di passaggio, ora il quartiere sembra sempre più un dormitorio, molti risiedono qui ma non ci vivono» aggiunge Stefano. E alcuni cambiamenti sono inaspettati come sottolinea Edmea San Romé, 78 anni moglie di Giorgio: «Adesso sono gli svizzeri che vengono qui a comprare le sigarette, impensabile trent'anni fa».
E tra i clienti affezionati c'è Sandro Arzani, amico d'infanzia di Giorgio: «In tempo di guerra il bar era tra i pochi ad avere la luce, quando i tedeschi erano in ritirata urlavano a tutti di mettere delle luci fuori dalle case per far credere agli Alleati che si trattasse di territorio svizzero ed evitare i bombardamenti».

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