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Sabato 14 Gennaio 2012
Motoscafo ribaltato a Porlezza
Non ci sono colpevoli
Nessuna condanna: lo ha stabilito il giudice preliminare del tribunale di Como, accogliendo la richiesta di archiviazione dell'indagine aperta nei confronti del proprietario dello scafo - Nell'incidente morirono due persone, un pilota e un meccanico
Lo ha stabilito il giudice preliminare del tribunale di Como Luisa Lo Gatto accogliendo la richiesta di archiviazione dell'indagine aperta nei confronti del proprietario dello scafo, il lennese Silvano Cadenazzi, 47 anni. La Procura sosteneva che Cadenazzi fosse in qualche modo venuto meno ai suoi doveri di custodia dello scafo, un offshore marca Power 25, dei cantieri Power Marine.
Si trattò di un incidente dalla dinamica tragica e banalissima: lo scafo si ribaltò dopo una brusca virata, senza lasciare ovviamente scampo a pilota e motorista; il primo morì sul colpo, il secondo si spense alcuni giorni dopo in ospedale, senza mai essersi ripreso.
È passata, di fatto, la lettura degli avvocati di Cadenazzi, Gianluca Dosi e Antonio Redaelli, secondo i quali una eventuale "culpa in vigilando", sorta di omissione di controllo contestata al proprietario, avrebbe potuto tutt'al più ricadere su Grandi, «unico materiale e reale custode del motoscafo», come scrivevano i legali motivando la loro richiesta di archiviazione. L'indagine aveva permesso di stabilire che il ribaltamento dello scafo era stato provocato da un complesso di anomalie riscontrate sul motore, posizionato più indietro di dove avrebbe dovuto essere, con peso e potenza maggiori. Fu di fatto proprio Grandi, nelle sue vesti di meccanico specializzato, a montare e posizionare il propulsore nelle scafo, ed era quindi perfettamente a conoscenza - peraltro al pari del pilota - che il natante presentasse dei limiti di stabilità, soprattutto durante le virate. Quel giorno di maggio, Vidoli vi salì sedendosi ai comandi proprio per poterlo provare, per verificarne la stabilità, per chiarire se il Power 25 di Cadenazzi fosse ancora nelle condizioni di poter gareggiare. Così scrive il giudice: «La situazione di pericolo era ben nota a entrambi e proprio per verificarne la gravità e i possibili rimessi, essi si erano posti uno alla guida dell'imbarcazione e l'altro al controllo del motore (...) La loro piena consapevolezza della tendenza della barca a manifestare problematiche importanti in occasione delle virate avrebbe dovuto suggerire una particolare prudenza e l'adozione di adeguate cautele nello svolgimento della prova; evidentemente però le manovre poste in essere superarono i limiti di sicurezza (...) e in particolare la virata a sinistra fu effettuata con modalità che non tennero nella dovuta considerazione la ben nota tendenza dell'imbarcazione a perdere di stabilità in situazioni del genere».
Non ci sono stati finora risarcimenti da parte dell'assicurazione, né è possibile immaginare se ce ne saranno.
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