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Giovedì 16 Febbraio 2012
La crisi entra al ristorante
In cassa 700 camerieri
La crisi non risparmia i lavoratori di bar e ristoranti. Camerieri, cuochi, baristi e inservienti: a Como sono già oltre 700 i lavoratori dei pubblici esercizi costretti a fare i conti con gli ammortizzatori sociali.
«Sulle casse integrazioni - dice Ivan Garganico, segretario Filcams-Cgil - abbiamo il fondato sospetto che i titolari di bar per abbassare i costi la richiedano in modo improprio. Perciò ultimamente abbiamo rifiutato di firmare certe richieste».
Le casse in deroga firmate, non sempre congiuntamente, da Cgil e Cisl nel 2011 per i pubblici esercizi sono state circa 150 (per i bar un centinaio riferite dalla Cgil e 30 dalla Cisl, a cui quest'ultima aggiunge alcuni ristoranti in via di conteggio), col coinvolgimento di circa 700 fra camerieri e addetti alle cucine.
Sul fronte delle vertenze, gran parte dei contenzioni «nel corso del 2011 è stato sull'intero settore del commercio - dice la responsabile dell'ufficio vertenze della Cgil Mara Merlo - che da solo ha totalizzato 280 vertenze (su 700 in totale, escluse quelle dei metalmeccanici), di cui circa il 70% sui pubblici esercizi. Le cause: questioni retributive, violazioni contrattuali, impugnazioni di licenziamenti, lavoro nero e a chiamata, impugnazione di contratti a progetto e a termine».
Un quadro confermato da Antonio Mastroberti, segretario provinciale Fisascat-Cisl, che segnala 68 vertenze nei pubblici esercizi, pari a circa il 10% delle vertenze complessive del 2011, in gran parte «per irregolarità contrattuale riguardanti proprio i rapporti di lavoro a chiamata, oltre a fattori retributivi e licenziamenti».
Ma più che nelle vertenze, ultima spiaggia di chi non ha più nulla da perdere nel rapporto col datore, il malessere dei lavoratori a chiamata sta nell'aumento di segnalazioni ai sindacati.
«I contratti a chiamata - aggiunge Garganico - sono esplosi in modo anomalo nei bar durante l'ultimo anno. Siamo preoccupati e vogliamo capire cosa sta succedendo».
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