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Venerdì 24 Febbraio 2012
L'intrigo dei bond comaschi
A New York causa miliardaria
Si infittisce il mistero sui 143,5 miliardi di dollari in buoni del tesoro Usa sequestrati nel giugno 2009 alla stazione internazionale di Chiasso
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Ha il sapore di un romanzo alla Ken Follett la causa depositata negli uffici della corte distrettuale di New York con il numero di protocollo 11-CV-8500. Un intrigo internazionale giocato tra il valico ferroviario di Chiasso, una lussuosa villa di Carimate, l'ufficio corpi di reato del palazzo di giustizia e una lunga serie di istituti di credito svizzeri. Ma sono solo alcune delle tante caselle che compongono il complesso gioco finanziario ricostruito in una maxi causa civile da mille miliardi di dollari intentata da un cittadino statunitense contro il segretario generale dell'Onu, l'ex premier Silvio Berlusconi, l'Italia, la Guardia di finanza, il forum di Davos, un uomo d'affari italiano, le Nazioni Unite e un paio di ambasciatori.
Tutti accusati di aver preso parte a una complessa «cospirazione» internazionale con al centro il presunto «furto» di 134,5 miliardi di dollari, ovvero i Bond sequestrati nel giugno 2009 dalle fiamme gialle alla stazione internazionale di Chiasso.
Il mistero legato al clamoroso blitz di due anni e mezzo fa, quando nella valigetta di due distinti cittadini giapponesi, Akihiko Yamaguchi e Mistuyoshi Watanabe, venne scoperta un'autentica fortuna in buoni del tesoro della Federal Reserve (e non solo), il cui valore era addirittura superiore alle riserve monetarie del Brasile, è l'oggetto del ricorso di oltre cento pagine depositato alla fine del novembre scorso alla corte distrettuale di New York.
Una causa plurimiliardaria che, tra ipotesi di complotto, oscuri personaggi legati alla P2 e alla massoneria, politici, banchieri, capi di governo e faccendieri di varie estrazioni, ricostruisce l'incredibile sequestro dei titoli americani al valico internazionale di Chiasso.
Titoli bollati in fretta e furia dalla Cia come fasulli ma che secondo il signor Neil Keenan, un americano residente in Bulgaria, rappresentante - non si sa a che titolo - della Dragon Family, una misteriosa e (all'apparenza) potente organizzazione asiatica, sarebbero al contrario assolutamente autentici.
Stando al ricorso alla fine della primavera 2009 i due misteriosi giapponesi e lo stesso Keenan avrebbero fatto base nella villa di Carimate di Alessandro Santi, 75 anni, uomo d'affari brianzolo che ha patteggiato un anno e quattro mesi nel processo per il presunto traffico di titoli di credito fasulli. Base strategica per poter raggiungere agevolmente la Svizzera dove i tre hanno dato vita a un febbrile giro di incontri con banchieri e trader per valutare le diverse possibilità di investimento dei bond.
Quando i finanzieri hanno intercettato i 134,5 miliardi in titoli del tesoro i due giapponesi avevano appena lasciato la casa di Santi diretti a Ginevra per incontrare un non meglio identificato "gruppo dei turchi", che si era detto disponibile a condurre in porto l'investimento. Non fosse che un militare in servizio al valico, dopo aver fermato i due spaesati cittadini orientali, ha scoperto il contenuto della loro valigetta. Mandando a monte tutto.
È a questo punto che, nella ricostruzione fatta per conto di Keenan dallo studio legale Bleakley Platt & Schmidt con vista sulla Lexington a New York, scatta la presunta cospirazione finalizzata alla «sottrazione illegale dei titoli di proprietà della Dragon Family». Pochi giorni dopo il blitz delle fiamme gialle, si sostiene nella denuncia, Leo Zagami, sedicente membro della loggia massonica P2 di Montecarlo e dell'ordine dei templari, avrebbe messo in contatto Keenan con tale Daniele Dal Bosco, uomo d'affari con interessi a Cipro, Londra e Roma. L'autore della querela incontra Dal Bosco proprio a Carimate. Ad attenderlo alla stazione, il 9 settembre 2009 - sempre stando alla ricostruzione del ricorso depositato a New York - c'è anche Alessandro Santi.
In un crescendo da romanzo giallo, più che da atto giudiziario, il ricorso sostiene che i bond sequestrati e ritenuti falsi, sarebbero stati offerti dal governo italiano, nella persona dell'ex premier Berlusconi, alla Cina in cambio del 40% del loro valore. Ma - si legge nell'atto scritto dai legali di Keenan - il tutto sfuma in quanto Pechino avrebbe subordinato l'accordo al rimborso del debito italiano con la stessa Cina.
Gli avvocati del rappresentante della misteriosa Dragon Family scrivono anche che dei bond si sarebbe persa traccia. Scomparsi. E citano, per motivare la loro convinzione, una serie conferme avute da alcuni ufficiali della Guardia di finanza.
È tra l'inverno 2009 e l'estate 2010 che, secondo la causa, si consuma la «cospirazione». Dal Bosco, grazie all'asserito intervento di quotati ambasciatori dell'Onu - tutti citati negli oltre cento fogli protocollati alla corte distrettuale di New York - sarebbe riuscito a convincere Keenan di poter tornare in possesso dei bond sequestrati riuscendo a farsi così firmare la cessione temporanea dei titoli stessi. Da quel momento, dei bond, non si è più saputo nulla.
A questo punto della storia la sapiente penna di Ken Follett potrebbe tratteggiare un finale ad effetto. La cronaca, invece, è costretta a prendere atto di un atto di citazione al limite dell'incredibile. E aspettare le decisioni della giustizia. Il caso era affidato al giudice Richard James Holwell. Ma un paio di settimane fa è andato in pensione. Chissà che qualcuno non ci veda una cospirazione anche in questo.
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L'intrigo dei bond miliardari Mistero sui lingotti d'oro