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Domenica 01 Aprile 2012
Burocrati più pagati
dei primari in ospedale
Nel reparto del Sant'Anna di Como dove i neonati vengono strappati alla morte, i medici si ritrovano in busta paga ogni anno meno della metà di quanto guadagna il segretario generale dell'amministrazione provinciale.
In un'Italia dove pubblico fa troppo spesso rima con privilegio, nulla dovrebbe più stupire. Eppure impressiona scoprire che i primari dell'azienda ospedaliera guadagnino mediamente meno dei dirigenti di un ente come Villa Saporiti che il governo Monti vorrebbe cancellare, perché considerato obsoleto. Come dire che fare il medico conviene molto meno, in termini di busta paga, che lanciarsi nella carriera da funzionario della pubblica amministrazione.
Qualche numero per inquadrare meglio la realtà comasca. Al Sant'Anna i primari (ovvero i direttori dei reparti, con l'esclusione dunque dei superdirigenti che ricoprono il ruolo di responsabili delle Unità operative) guadagnano in media poco più di 108mila euro lordi all'anno. In Provincia i dirigenti possono contare, al contrario, in uno stipendio medio di 109mila euro. Risultati che diventano ancor più clamorosi se si considera che due dirigenti provinciali sono entrambi a capo di un fantomatico "centro studi" e risultano quindi decisamente meno operativi degli altri, soprattutto sul fronte della retribuzione di risultato. Tolti loro due la media degli stipendi lordi annui a Villa Saporiti ammonta a ben 117mila euro, ben 9mila euro all'anno in più di quanto guadagnano i primari del Sant'Anna.
Mario Barbarini è il direttore della patologia neonatale, il reparto che ha salvato - tra le altre - la piccola Marisol, la bimba fatta partorire d'urgenza da un'équipe del 118 sul luogo di un incidente che aveva causato la morte della madre. Barbarini nel 2011 ha avuto uno stipendio lordo di 109.366 euro. Franco Binaghi, dirigente del settore ecologia e ambiente della Provincia, 118.582 euro, poco meno di 10mila euro all'anno in più. E meno pure dei dirigenti del Comune di Como di Antonio Viola e Antonio Ferro, nomi ormai indelebilmente associati al pasticcio del muro sul lungolago.
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