Uccise Marisa Fontanella
Torna in libertà dopo 16 anni
L'uomo di Erba era stato condannato per l'omicidio della ragazza di 25 anni, commessa in una jeanseria di piazza San Fedele a Como. Era il 7 febbraio 1996
La lettura delle sentenza da parte del presidente della Corte d'assise, Alessandro Bianchi chiude, l'11 giugno 1996, il processo di primo grado nei confronti di Fiorenzo Alfano, condannato per aver ucciso, con un fendente alla gola,Marisa Fontanella, 25 anni, commessa in una jeanseria di piazza San Fedele a Como. Era il 7 febbraio 1996. La giovane non si era presentata al lavoro. Alle 15 la scoperta del corpo privo di vita di Marisa, figlia di un cugino di Alfano, il ciabattino di Canzo: era nell'alloggetto disabitato al pianterreno della casa di ringhiera di piazza Carcano 4 a Erba Alta.
Al primo piano abitava la famiglia Fontanella, padre, madre e due figlie; al secondo piano la famiglia Alfano, padre, madre e un ragazzino che allora aveva 12 anni.
La scena del delitto era stata alterata da un improvvido medico di guardia, che lascio le impronte delle sue scarpe nel sangue della commessa sparso nel bugigattolo e girò il corpo di Marisa per accertarne la morte. Non sarebbe stato necessario. Sul posto il pm di turno in Procura a Como,Vittorio Nessi e il comandante provinciale dei carabinieri Orazio Ventura e il comandante della stazione carabinieri di Erba, Luciano Gallorin. Nell'oscurità di una sera, carica di angoscia e dolore, grondante interrogativi su chi e perché aveva posto fine, nel modo più traumatico possibile, lo sguarcio alla gola per togliere l'ultimo respiro, c'erano anche due cronisti, Mario Cavallanti, per "La Provincia", e chi scrive questo pezzo per "Il Giorno".
Quale il motivo per cui oggi torniamo a parlare di Fiorenzo Alfano? Il ciabattino, che si è sempre proclamato innocente, sarebbe dovuto tornare in libertà nel febbraio 2020, considerato che la condanna di primo grado era stata confermata sia in Appello a Milano che in Cassazione a Roma, è ora un uomo libero, seppure in libertà condizionata, avendo pagato il suo debito con la giustizia.
Fiorenzo Alfanno, che al termine di un processo teso, come lo sono tutti quelli indiziari, in quanto mancanti di una prova provata, della "pistola fumante", parole che appartengono al lessico dei cronisti giudiziari, si era visto infliggere la condanna richiesta dal pm Vittorio Nessi che nella ricerca della verità giudiziaria (non appartiene all'uomo la verità assoluta) aveva messo impegno e perizia, anche per allontanare ipotesi risultate fantosiose, come quella di un maniaco. Dietro le sbarre, nel suo girovagare per carceri italiane, Alfano ha sempre mantenuto un comportamento corretto, per cui ha beneficiato della legge Gozzini, che consente di avere uno sconto di 90 giorni (tre mesi) per ogni anno di reclusione. E ha pure beneficiato dell'indulto di tre anni, approvato il 31 luglio 2006 dal parlamento italiano.
Un provvedimento svuota carceri, in un monento di acuta crisi a causa del sovraffollamento. Oggi come ieri, non è cambiato niente, ma non vale la pena per tornare su un provvedimento che aveva suscitato polemiche. Nella casa di ringhiera di piazza Carcano 4 a Erba Alta se ne sono andati tutti. Vittime - sempre secondo la verità giudiziaria - della smisurata e irrepremibile passione di Alfano per la bella e giovane figlia di una cugina. I primi ad abbandonare la scena del delitto sono stati la moglie e il figlio dei ciabattino. Altri lutti nella famiglia di Marisa. Quale strade abbiano preso non è dato sapere.
Marco Marelli
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