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Mercoledì 16 Maggio 2012
Il dolore dell'imprenditrice
«Chiudere la ditta, un dramma»
Per chi ha costruito la sua vita, e quella dei suoi figli, sull'azienda di famiglia, cessare l'attività è un po' come perdere tutto.
«Una scelta difficile, sofferta» quella di chiudere, «tant'è che fino all'ultimo abbiamo cercato ogni strada alternativa, pur di continuare». «Un dramma non solo per i dipendenti, ma anche per noi: non è facile rinunciare a un'attività costruita con il sacrificio della famiglia dopo quasi 60 anni di lavoro».
Chiudere per sempre la propria azienda, insomma, non è come dirlo. In essa ci sono investiti gli sforzi di tre generazioni, che vanno a perdersi nel giro di pochi mesi. Uno sconforto peraltro acuito dal rapporto, contiguo, instaurato nel tempo con i dipendenti.
«Le piccole e medie imprese a direzione famigliare stanno faticando molto per poter andare avanti. Quello che più dispiace è non aver potuto continuare quello che i nostri nonni hanno con fatica costruito negli anni. Lasciare a casa 19 dipendenti non è sicuramente facile: il rapporto instaurato con tutti i lavoratori in questi anni è sicuramente ben diverso da quello che si sarebbe potuto avere in una multinazionale, o in un'impresa molto più grande; da qui lo sconforto generale della direzione nel momento in cui i fatti parlavano chiaro e il non aiuto e la crisi di settore ha portato alla difficile decisione della cessazione dell'attività, ormai aperta da 50 anni». In via Crotto Urago si producevano tessuti elasticizzati. La crisi, però, ha avuto il sopravvento.
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