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Domenica 01 Luglio 2012
Imprese edili, è crisi nera
Il 30% rischia di chiudere
Nel primo semestre dell'anno, il comparto edile ha fatto segnare un deciso rallentamento. Di contro, è in aumento l'impiego della cassa integrazione, così come il numero dei dipendenti finiti in mobilità.
Ciò avviene in Italia e succede anche a Como, dove il tessuto imprenditoriale delle costruzioni ha espulso «dal 2009 a oggi oltre 2mila lavoratori, sui circa 7mila di tre anni fa», come conferma il direttore di Ance Como, Valter Ferrario. Le previsioni di qui in poi, peraltro, non lasciano ben sperare. Tanto che lo stesso Ferrario spera «che non ci azzecchino». In bilico, altrimenti, ci sarebbero altre centinaia di posti di lavoro.
A sollevare il tema, lunedì, è stato il presidente nazionale di Confindustria, Giorgio Squinzi. Intervenendo a Villa Erba, il numero uno degli industriali si è lasciato andare a uno sfogo nient'affatto benaugurante, tratteggiando la situazione di un ramo - quello delle costruzioni - che sta andando a picco.
«Nei primi sei mesi dell'anno - ha spiegato Squinzi - l'attività edile in Italia è calata mediamente del 25-30%. Da qui alla fine dell'anno potrebbero essere a rischio chiusura il 30-40% delle aziende che operano». I numeri non inducono all'ottimismo, tanto più che - a comunicarlo è lo stesso Squinzi - «non si erogano più mutui per sostenere gli investimenti», fatto che, peraltro, segue la generale stretta creditizia attuata dal sistema bancario nazionale nei più svariati ambiti produttivi.
Su base quadrimestrale, l'Istat certifica un calo del 14,2% del 2012 rispetto il primo quadrimestre 2011. L'ultimo dato elaborato, relativo ad aprile, individua un calo del 15,1%. «Il momento - commenta Ferrario - non è affatto buono. Al di là delle chiusure, a preoccupare è il continuo aumento del ricorso alla cassa integrazione, che in precedenza praticamente non esisteva nell'edilizia comasca». Oggi non è più così. Anzi, l'ammortizzatore sociale si è fatto prepotentemente largo anche tra i costruttori, con le imprese più strutturate che, «prima di chiudere, cercano tutte le vie per tagliare le spese pur di sopravvivere».
Una moria continua, quasi invisibile. Questo perché, in media, le imprese lariane hanno poco meno di quattro operai a testa. Ne consegue che, a livello di percezione, tante piccole chiusure non fanno comunque una massa numerica tale da sollevare l'allarme che, invece, dovrebbe levarsi in simili condizioni.
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