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Lunedì 02 Luglio 2012
Rinaldin, l'arringa della difesa
"Ecco perché va assolto"
Non ci sono prove. Gianluca Rinaldin va assolto. Lo hanno chiesto questa mattina a Milano gli avvocati Luca Jacopo Lauri e Daniele Benedini, difensori del consigliere regionale, al termine della lunga arringa che di fatto chiude il processo avviato nei cofnronti del consigliere regionale più di cinque anni fa.
Rinaldin, lo ricordiamo, è imputato di finanziamento illecito ai partiti, falso e truffa aggravata ai danni della Regione, nell'ambito della cosiddetta tangentopoli lariana, per fatti che risalgono al periodo a cavallo tra il 2005 e il 2007. Si trattava di una inchiesta nata da una presunta truffa commessa dall'Associazione Coordinamento turistico del Lago di Como per l'ottenimento di contributi pubblici per i lavori di ristrutturazione del Lido di Menaggio.
Un'indagine dalla quale era scaturito un filone legato a presunte tangenti girate nell'ambito della promozione turistica. Era stato l'ex assessore provinciale al Turismo Giorgio Bin, arrestato per truffa, a raccontare al pubblico ministero di aver consegnato una busta piena di soldi a Rinaldin. Circostanza che lo stesso Bin in un'intervista a La Provincia prima, e in aula poi, aveva anche ritrattato.
Anche Umberto Tagliaferri, l'allora direttore del Coordinamento turistico lago di Como, in aula ha innestato la retromarcia sulle accuse al consigliere regionale. «Perché ho mentito al pubblico ministero? Perché durante quell'interrogatorio coinvolgere altri era un modo per scaricare la mia responsabilità».
Tutti questi aspetti sono stati ribaditi e richiamati ieri in aula dagli avvocati, che hanno così risposto alla richiesta di condanna (sei anni) avanzata a inizio giugno dal pm Luca Poniz. Lauri e Benedini hanno accesso i riflettori sia sulla logica dell'inchiesta, sia sui suoi aspetti probatori, sia su quelle che a loro modo di vedere sono le tante debolezze della requisitoria del pm. «L'innocenza di Rinaldin si poteva provare anche in corso di indagine preliminare», hanno detto gli avvocati, riavvolgendo il nastro di un dibattimento che ha comunque visto sfilare in aula soltanto testi "favorevoli" all'imputato. Non c'è nessuna telefonata, hanno detto, dalla quale si possa evincere un coinvolgimento del consigliere regionale, nessuna conversazione che dia conto neppure indirettamente del fatto che Rinaldin fosse a conoscenza di quanto stava accadendo. «Rimango sereno - ha detto lui alla fine dell'udienza - Aspetto fiducioso una giusta sentenza di assoluzione». Appuntamento in aula a ottobre.
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