Incastrati da un complice
E il Dna conferma: è Mady

Non ci sono più dubbi sul fatto che il cadavere ritrovato al cimitero di Tavernerio sia effettivamente quello di "Mady", come la chiamavano gli amici. Lo hanno confermato gli accertamenti genetici

TAVERNERIO - Tira già aria di corte d'Assise a Tavernerio, dopo il ritrovamento del corpo di Maddalena Calabria sepolto accanto al cimitero. Due le novità di ieri. La prima: non ci sono più dubbi sul fatto che si tratti effettivamente di "Mady", come la chiamavano gli amici. Lo hanno confermato gli accertamenti sul Dna, unico strumento, a distanza di quasi vent'anni, utile a sgomberare il campo da dubbi. La seconda: il ritrovamento si deve alle dichiarazioni di tale Santo Valerio Pirotta, 45 anni, origini calabresi (Vibo Valentia), residenza a Lurago d'Erba, in carcere per l'omicidio di Antonio Carroppa, l'operaio di 40 anni ammazzato a maggio nel garage della sua casa di Paderno d'Adda.
Proviamo a riassumere: Carroppa muore ucciso da due colpi di pistola per mano - così ipotizza la Procura di Lecco - di due disinvolti cugini, Fabio Citterio, tecnico informatico 45enne di Lurago, e Tiziana Molteni, che di anni ne ha 53 ed è una insospettabile madre di famiglia di Dolzago, nel Lecchese.
È un agguato commesso su mandato di tale Alberto Ciccia, altro pluriomicida che, dal carcere, vuole vendicarsi del nuovo compagno (Carroppa) della sua ex moglie. I carabinieri arrestano sia la Molteni sia Citterio, che al primo interrogatorio indicano alcuni complici, tra i quali proprio Pirrotta. Questi finisce in carcere e alla prima occasione racconta al pm un'altra storia, quella di Maddalena.
Spiega che a farla scomparire, vent'anni prima, nel maggio del '93, furono proprio i due che lo accusano di un coinvolgimento nel delitto di Paderno.
Dice che furono loro a legare e imbavagliare Mady nel corso di una rapina commessa nell'aprile di quell'anno nella casa dell'industriale di Oggiono in cui lei lavorava come domestica, e che furono sempre loro, tre settimane dopo, a farla sparire per evitare che parlasse, uccidendola a bastonate e seppellendola, in un sacco di plastica, sotto il muro del cimitero di Tavernerio.
Ieri mattina, assistito dal suo avvocato - il penalista lecchese Marcello Perillo - Citterio ha risposto alle domande del pubblico ministero Rosa Valotta. «Nel '93 ero ancora incensurato - ha detto - Vivevo a Inverigo, avevo un lavoro regolare, ero padre di una bimba di cinque anni e facevo una vita normale. Non frequentavo mia cugina e, soprattutto, non conoscevo Maddalena». Quando il pm gli ha chiesto perché mai, allora, Pirrotta avrebbe dovuto tirarlo in ballo, Citterio ha risposto così: «Credo che l'abbia fatto per vendetta...». Dice il suo avvocato: «La mia opinione è che con la morte di Mady, Citterio non c'entri nulla. Nè lui né sua cugina. Sono stati loro a fare il nome di Pirrotta per il delitto di Paderno...». Come a dire: Pirrotta ha voluto vendicarsi.

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