L'Inter che vince, prima squadra, nel nuovo Juventus Stadium guidata da un allenatore meno che quarantenne è un esempio anche fuori dallo sport. Non molto tempo fa, quando Moratti scelse d'affidare la squadra all'allenatore della Primavera, fu guardato con sorpresa: si pensava a un suo colpo di testa. Invece i fatti gli hanno dato ragione. Mentre altri chiacchierano, l'Inter ha attuato un'idea. Premiando quelli che di solito restano puniti.
Corrado Marchi
Il coraggio di Moratti, quasi la sua temerarietà. Il gusto di remare controcorrente. La possibilità di concederselo, dopo aver vinto tutto negli anni precedenti e dunque sapendo di non incontrare comunque obiezioni.
Poi la personalità del tecnico scelto. Forse nessuno degli allenatori italiani avrebbe avuto l'ardire d'andare a Torino, in quello stadio invitto e contro una squadra schiacciasassi, giocando con tre attaccanti. Arrigo Sacchi, estimatore di Stramaccioni, lo sperava ma non ci credeva. Invece la voglia di vincere ha prevalso sulla paura di perdere. È un bel messaggio. Come quello della fiducia nelle proprie possibilità. E poi, ancora, quello dell'esser pratici: se conviene allo scopo, vi si piegano radicate convinzioni.
Un atteggiamento che si chiama anche in altro modo: duttilità. Guai a essere choosy (schizzinosi) se s'intende andare dritti all'obiettivo. Marotta, dg della Juve, ha timbrato come spensieratezza un tal modo di fare e giocare.
Esatto: spensieratezza da declinare come leggerezza, disinvoltura, gioia. Quanto bisogno abbiamo di gioia, anche fuori dello Juventus Stadium.
Max Lodi
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