I padrini della 'Ndrangheta
«Così sono diventato boss»

Hanno la passione per le mangiatine. I riti arcaici e grotteschi. Le armi. E hanno radici solide nel Comasco. Anche con ruoli di prima importanza.

COMO Hanno la passione per le mangiatine. I riti arcaici e grotteschi. Le armi. E hanno radici solide nel Comasco. Anche con ruoli di prima importanza. Sono gli uomini della 'ndrangheta che spadroneggiano e hanno spadroneggiato per anni al Nord. E che, proprio nel nostro territorio, hanno trovato casa.
A raccontarlo, nella prima di una serie di deposizioni fiume avvenuta nell'aula della corte d'Assise di Milano dove si giudicano tre omicidi, tra i quali una lupara bianca avvenuta in un maneggio a Bregnano, è Antonino Belnome, boss con casa a Inverigo e diventato collaboratore di giustizia perché «non volevo essere la causa della rovina della mia famiglia e di tutti quei ragazzi giovani che pensano che la 'ndrangheta abbiano futuro e ricchezza».
Una prima testimonianza che sarebbe stata bene nella sceneggiatura del Padrino di Francis Ford Coppola. Parla, Belnome, e racconta i riti, le cariche, le abitudini della 'ndrangheta.

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