L'era di Grillo e il fascismo post Marinetti

Grillo non vuole contatti ''vecchi'', niente talk-show, niente interviste, solo internet e social-network, il credo cieco nelle nuove tecnologie, non vuole commistioni con le vecchie, crede in quelle future che cambieranno il mondo. C'è stato un predecessore, Marinetti, esponente di spicco del futurismo, un credo incondizionato nella tecnica, nella velocità. Lui era un artista. Peccato che da ardore artistico e fideistico nacque una costola del fascismo.

Francesco Degni

Marinetti fu poeta, scrittore, drammaturgo. Un idealista e un nuovista. Quando morì, quasi settant'anni fa a Bellagio, lo celebrarono anche sul New York Times, nonostante la parabola disastrosa e tragica del fascismo cui egli aveva partecipato. Credeva in un sogno: la trasformazione dell'uomo. Cioè il suo intimo rifondarsi: un rivolgimento culturale, ancora più difficile d'una rivoluzione politica e sociale. Fu molto ammirato, non troppo creduto. Però utilizzato. Mussolini sapeva mettere al proprio servizio le altrui virtù e perfino i difetti, manipolandoli come gli conveniva. Marinetti non sfuggì, lui sacerdote della tecnica, a questo rituale tecnicismo del Duce. A Grillo possono essere attribuite parentele con Marinetti? Sembrerebbe di no. Lui è un calcolatore dei flussi emotivi, l'altro non calcolava nulla. Lui governa la partecipazione agli strumenti comunicativi, l'altro partecipava e basta. Lui è un testimone straordinario del presente, l'altro fu, per così dire, un pretestimone del futuro. Tutt'e due appartengono alla categoria dell'arte, che ospita di tutto, salvo poi riconoscere che avrebbe potuto ospitare qualcosa di meno.

Max Lodi

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