Scala, promosso il Lohengrin
Fischiato solo il regista

Ottime interpretazioni dei cantanti, compreso il terzo soprano entrato nel cast in extremis. Splendida la direzione di Barenboim

MILANO Umano (troppo umano?) e fragile: così è Lohengrin nella visone registica di Claus Guth e nella vocalità estenuata fino al sussurro di Jonas Kaufmann.
Un cavaliere del Graal ben poco eroico, costretto quasi contro voglia ad assumersi un ruolo che non ama, al quale tenta di sfuggire, e che lo strappa da una dimensione "altra" dagli inquietanti risvolti psichiatrici.
La sua apparizione all'inizio dell'opera - che ieri, venerdì 7, pomeriggio, con le sue cinque ore, ha inaugurato la stagione lirica del teatro alla Scala di Milano -  fra il coro attonito, ha tutte le caratteristiche di una crisi epilettica, o di un parto faticoso e lacerante. Con la stessa modalità Lohengrin ripiomberà nel suo mondo parallelo alla fine della vicenda, dopo aver salutato un'affranta Elsa che annegherà (suicidandosi?) nel lago sulle cui sponde si è svolta la loro infausta prima notte d'amore.
<+tondo>Ovvio che una regia di tal fatta, carica di simbolismi e di rimandi, dalla psicanalisi alle fiabe dei Grimm (il ragazzino con un'ala di cigno al posto del braccio), al Visconti del Gattopardo, non abbia convinto tutti fra il pubblico, soprattutto chi non ama veder stravolta la tradizionale visione dell'opera di Wagner con tanto di cavalieri rifulgenti, cigni gentili e catarsi finale. Inevitabili, quindi, alla fine dello spettacolo alcuni fischi all'indirizzo del regista.
Kaufmann è un Lohengrin affascinante. Certo, la voce non possiede lo squillo richiesto nei passaggi eroici, ma le mezze voci, seppur non sempre sostenute con la dovuta scaltrezza tecnica, sono suadenti . L'esecuzione dello straziante addio finale ("In fernem Land", "Da voi lontan", nella versione italiana), la pagina più bella dell'opera, è davvero emozionante e commovente.
Splendida è anche la direzione di Daniel Barenboim, meno luminosa e argentea di quanto voglia la tradizione, ma calata invece in un clima decadente e dagli intriganti risvolti erotici riservati alla coppia "nera" del dramma: Ortrud, una efficace Evelyn Herlitzius, e Terlamund, il mediocre e in perenne difficoltà negli acuti Tòmas Tòmasson.
Il ruolo di Elsa, ritiratesi per motivi di salute sia la prevista Anja Haerteros sia la sostituta Ann Peters, è stato affidato alla sconosciuta (almeno in Italia) Annette Dasch, giunta in volo giovedì notte per sostituire a piè levato le due colleghe. La cantante è riuscita a inserirsi meravigliosamente nel gioco scenico: la coppia formata da lei e da Kaufmann era splendida a vedersi. La voce, di bel timbro e molto duttile, ha entusiasmato tutti.
Scene efficaci, in particolare nel bellissimo ultimo atto dove Christian Schmidt ha saputo ricreare in scena il magico lago (o fiume) incantato. Il pubblico ha dedicato un trionfo generale, salvo poche contestazioni per la regia.
Alla fine, suonato e cantato l'Innno nazionale sotto gli occhi del premier Mario Monti e signora.
Il "Lohengrin" sarà in replica alla Scala di Milano fino a giovedì 27 dicembre.
Giancarlo Arnaboldi

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