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Domenica 21 Aprile 2013
Gli affari di Francis Turatello
fra Cantù e Cermenate
Il celebre bandito, nemico-amico di Vallanzasca, amava la provincia di Como
«Qui fece battezzare suo figlio. E qui andava a nuotare e a giocare a tennis»
CANTU' «No, stasera di Renato non parlo. Stasera parlo di mio fratello Francis. E i fratelli sono più importanti dei mariti. Perché i mariti vanno e vengono. Ma i fratelli restano»
Antonella D'Agostino ha l'oro nei capelli e l'argento vivo addosso. Lei, la moglie del "bel René" Vallanzasca, mette in un canto il suo ingombrante consorte e punta i riflettori sul protagonista del suo ultimo libro: Francis "Faccia d'Angelo" Turatello, il bandito che, proprio insieme a Vallanzasca, negli anni Settanta tenne in scacco Milano e la Lombardia intera.
Ospite del Tiffany's Café di via Ginevrina da Fossano, viene accolta come una diva. E gli ammiratori, tanti, si accostano a lei timidi, qualcuno addirittura tremante, per domandarle un autografo, una foto, una parola.
Lei non si risparmia. Elargisce generosa sorrisi e dediche. E a margine racconta aneddoti mai narrati prima, fatti ed episodi che non ha rivelato neppure nel suo ultimo lavoro.
«Sì, Francis amava molto questa zona - dice - questa è una terra di confine, e qui si è sempre trovato a suo agio. Conosceva contrabbandieri importanti: molti erano napoletani e provenivano da famiglie potenti, come quella dei Nuvoletta. Qui Turatello faceva molti dei suoi affari. Si è sempre trovato come a casa, qui».
Parole di circostanza? Non proprio. «Mi ricordo che a Cermenate Francis aveva una villa grandissima, meravigliosa, con un parco secolare - rievoca - e infatti proprio lì aveva voluto celebrare il battesimo del figlio Eros. Io ero giovane, molto giovane. In quegli anni andavamo insieme a Montorfano a fare il bagno nel lago e a giocare a tennis. Lui era molto benvoluto, anche perché era un uomo discreto, non si dava delle arie: a chi non lo conosceva poteva sembrare un imprenditore qualsiasi».
Anche Cantù era una tappa fissa negli affari a metà fra il lecito e l'illecito di "Faccia d'Angelo". «Lui veniva qui a comperare i pizzi - spiega la D'Agostino - poi li portava giù, a Firenze, per farli cucire nei collegi delle orfanelle. Quindi riportava il prodotto finito al Nord. Qui i magliari, con i loro pacchi di biancheria, guadagnavano bene. Erano gli anni Sessanta, un'altra epoca. Un'epoca romantica in cui si contrabbandavano sigarette e stoffe. Poi venne la droga e niente fu più lo stesso».
Pochi chilometri più in là, a Tavernerio, ed ecco di nuovo Turatello al centro di un episodio che sembra uscire direttamente da un film. «Lui stava in una locanda - racconta la D'Agostino - e a un certo punto, non so perché, litigò con il gestore. Quello gli disse qualcosa come: "Qui il padrone sono io". E Francis rispose. "Ah sì? Lo vedremo". E la mattina dopo si comprò l'albergo».
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