Maxi rapina in autostrada
«Sono state le Brigate Rosse»

Telefonata di rivendicazione all'Ansa di Roma, ma gli inquirenti sono scettici

TURATE Una telefonata alla redazione romana dell'agenzia Ansa ha rivendicato sabato sera alle Brigate Rosse la paternità della clamorosa rapina ai furgoni portavalori di lunedì 8 aprile, l'assalto militare lungo l'autostrada A9 dei laghi, tra Saronno e Turate, che ha fruttato un bottino di almeno 10 milioni di euro in lingotti d'oro.

Di questa telefonata l'Ansa comunica solo che è stata effettuata da un uomo poco dopo le ore 20. Ovviamente l'attendibilità è tutta da dimostrare. Dalla Squadra mobile della Questura di Como, che conduce le indagini sulla rapina, trapela soltanto che da Roma non vi sono state comunicazioni (né ufficiali né informali) relative alla rivendicazione. Come a dire che se l'attendibilità fosse stata ritenuta alta, il Viminale avrebbe verosimilmente già avvisato chi sta indagando sul caso.

Agli stessi investigatori sembra comunque poco probabile che un gruppo dato in disarmo come le Brigate Rosse, i cui ultimi tentativi di ricostituzione erano stati scoperti e stroncati, sia stato in grado di effettuare un colpo del genere, che richiede complicità e collaborazioni di personale addestrato militarmente per l'esecuzione, e di stretti legami con i mercati clandestini internazionali per la collocazione del bottino in oro.

L'esclusione della pista eversiva non è un caso: la dinamica dell'assalto di Turate ricalca perfettamente il modus operandi delle altre rapine compiute negli ultimi tempi ai danni di portavalori. Un tipo di assalto molto più diffuso di quanto non si possa pensare (ci sono stati 420 casi dal 2000 al 2013) e che è sempre stato attribuito alla criminalità organizzata, e in particolare a un gruppo di malviventi pugliesi, alcuni dei quali sono stati scoperti e condannati a Bergamo per un colpo in autostrada a Seriate del tutto simile a quello sulla A9.

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