Chiusa la fililale Barclays
Erba perde un'altra banca
Lo scorso autunno è toccato alla filiale Intesa Sanpaolo di corso XXV Aprile 24, accorpata nella sede centrale poche centinaia di metri più avanti. Ora è la volta della Barclays: il colosso bancario britannico chiuderà fra pochi giorni gli sportelli erbesi e concentrerà le attività nella sede di Como
Dopo anni di espansione a Erba, che è arrivata a contare 26 sportelli, anche il settore bancario inizia a fare i conti con la necessità di razionalizzare spazi e risorse.
Per quanto riguarda la Barclays di corso XXV Aprile 24, lo sportello bancomat non è più attivo dal 15 maggio. E la prossima sarà l'ultima settimana di attività: da lunedì 27 maggio i clienti dovranno rivolgersi alla sede comasca di via Maestri Comacini 8. Dalla sede milanese della banca fanno sapere che la chiusura rientra in un piano di riorganizzazione geografica dell'istituto, che in provincia di Como - oltre alla filiale erbese in chiusura - conta solo la sede del capoluogo.
L'addio della Barclays segue un'altra chiusura storica, almeno sotto il profilo simbolico. Lo scorso settembre Intesa Sanpaolo chiuse i battenti della propria filiale all'incrocio fra corso XXV Aprile e via Magni: tutto è stato conglobato nella sede centrale sullo stesso corso, al civico 64. Ma da quei locali sgomberati sono passate generazioni di erbesi: si trattava, infatti, della prima banca aperta ad Erba nel 1873 come filiale della Cassa di risparmio delle province lombarde.
Forse l'Erbese non è più terreno fertile per gli istituti di credito? Secondo Francesco Cocchiararo, vicesindaco di Ponte Lambro e una vita spesa a lavorare in banca (tra cui proprio all'Intesa Sanpaolo di Erba), le ragioni di chiusure e accorpamenti sono molteplici. «All'origine di tutto - osserva - c'è la mancanza di liquidità causata dalla crisi finanziaria. Negli ultimi anni, tra licenziamenti e cassa integrazione, si risparmia molto meno e le banche a loro volta raccolgono meno soldi». Se per anni i cittadini hanno affidato agli sportelli i propri risparmi, ora si rivolgono agli istituti per avere prestiti concessi con sempre minor facilità.
Anche le banche, insomma, devono tirare la cinghia. «Si cerca di risparmiare magari togliendo sportelli e implementando i servizi on-line, che sono praticamente a costo zero ed evitano di dove pagare affitti per i locali. La presenza sul territorio è diventata meno determinante di un tempo». Senza contare la concorrenza «della Posta con i suoi servizi finanziari piuttosto che delle banche completamente virtuali».
Erba, per Cocchiararo, è un caso emblematico di questo processo:«Negli anni Settanta in città c'erano quattro punti di riferimento: la Banca Popolare di Lecco, la Cariplo, il Banco Ambrosiano e il Banco Lariano». Si è arrivati poi, tra gli anni novanta e i duemila, «a un picco di 26 banche sparse sul territorio. All'epoca, effettivamente, qui giravano moltissimi soldi».
Ora, conclude Cocchiararo, «la crisi si fa sentire per tutti. Per le imprese, per i risparmiatori e dunque per le banche che raccolgono meno soldi. Senza contare chi ha doppie filiali (è ad esempio il caso della Deutsche Bank presente sia in centro che a Buccinigo, ndr) le sigle bancarie non sono ormai più di quindici».
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