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Domenica 19 Maggio 2013
Sempre più comaschi
in fuga nel mondo
Giovani (e non solo) si raccontano sul nostro giornale. Ecco perché lavorare in America, Australia o nella vicina Svizzera premia. Raccontate le vostre storie
All'estero perché lì il merito sembra trovare una strada, spesso stritolata in Italia da conoscenze e burocrazia. Cervelli in fuga, è l'espressione che va di moda in questo periodo. Ma ogni storia racconta di decisioni che hanno radici differenti, e complesse.
Come quella di Marzio Ghezzi, 40 anni, comasco che da un anno lavora in Texas, a Dallas. E non ha - per ora - intenzione di tornare, se non a condizioni precise. Ghezzi è ingegnere ed è stato anche consulente del Politecnico a Como. La sua carriera sembra radicata qui, fino a un incontro. Quello con un suo ex capo, diventato nel frattempo vicepresidente di un'azienda internazionale. E si fa strada l'idea di lavorare oltre confine. Anche perché - spiega - «a certi livelli farlo in Italia è faticoso, frustrante».
Ciò che affascina subito l'ingegnere lariano è la tangibile meritocrazia: «Le aziende multinazionali sono controllate dall'esterno da manager della business unit e di solito scelgono persone che hanno valore, selezionati in base a modelli meritocratici appunto».
Ma ci sono anche imprenditori, come Paola Tuia, che scelgono di aprire un'attività in Svizzera, come sfida e poi apprezzando il fisco e la burocrazia più flessibili. O persone come Corrado Presti, che ha girato il mondo per crescere.
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