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Martedì 10 Marzo 2009
La vera faccia della crisi
Dodicimila comaschi disoccupati
Viaggio al collocamento, tra richieste e offerte di occupazione. Gli accessi sono aumentati del 43% in un solo anno. Le donne rappresentano la maggioranza di chi cerca lavoro (65%)
Ieri mattina, in un’ora, in 23 sono passati a cercare un posto al Centro per l’impiego, 33 Comuni di Como e circondario, 4.125 iscritti a fine 2008 (dodicimila in totale), il 30% di tutta la provincia. Un grande salone, sette scrivanie con altrettanti computer, cinque impiegati, una consulente e un andirivieni continuo. Ma non è una mattina di pressione, una mattina affollata, assicurano: l’ufficio è aperto dalle 9 alle 12,30 e in tre ore, ieri, potrebbero essere passati in sessanta, ma di sicuro ne passano di più. Più degli anni precedenti. Gli accessi, in tutti i centri per l’impiego, sono aumentati del 43% da gennaio 2008 a gennaio 2009.
Le statistiche sono tutte dentro nel computer e comunque, qui, il profilo non è quello dei numeri, ma delle persone umane. I numeri servono agli esperti. Le persone, giovani e giovani adulti, si siedono davanti alle scrivanie: aspettano, dapprima, nell’apposito spazio e c’è la ragazza che inganna l’attesa scorrendo il quaderno delle offerte. Fanno tutti così: dapprima, si soffermano nell’androne, scorrono la bacheca, ma le richieste di manodopera sono proprio poche e generiche. Cercano uno «stagista per organico interno» a Varese; un fisioterapista per la città di Como; due addetti alle pulizie «dal lunedì alla domenica», offrono corsi per computer, spicca un depliant con gli indirizzi di tutte le scuole professionali di Como, un dentista cerca un assistente alla poltrona e un villaggio di vacanze cerca animatori turistici. Infine, un hotel ha bisogno di personale stagionale. All’interno, offerte di enti pubblici. Una sola, del Comune di Como, per educatore: chissà se qualcuno ne ha preso nota. Sul «libro rosso», in duplice copia, all’interno, aggiornato di settimana in settimana, aziende cercano addetti alla contabilità, addetti alle vendite, ma anche un tessitore, un imbianchino, un verniciatore e un ingegnere meccanico, nonché una cucitrice per imbottiti: tutto qui? Ha l’aria smarrita la giapponesina che attende il proprio turno, seduta in poltrona e scuote la testa un uomo dall’apparente età di quarant’anni. Non c’è niente, per lui, neanche per ripiego. Faceva lo stampatore? Non ci sono richieste da stamperie, spalanca le braccia un impiegato che condivide problemi e preoccupazioni, offre consulenze e consigli, propone corsi di riqualificazione, non ha la faccia da burocrate, ma non ha neppure la bacchetta magica. L’anno scorso, di questi tempi, a memoria d’addetto, le proposte di alberghi e ristoranti erano molto più ricche. Quest’anno, sembrano più stentate, ma il diradamento di richieste di lavoratori è notato sopratutto nel settore manifatturiero. E non potrebbe essere altrimenti: questo non è un Paese in crescita; almeno da quattro mesi, è praticamente ferma la ricerca di personale. I computer immagazzinano i dati. Forse un giorno verranno buoni.
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