La presunta Terza Repubblica assomiglia sempre di più a una sorta di Prima 2.0, con un evidente scadimento di qualità del ceto politico, figlio peraltro anche dell’epoca social che porta a semplificare e “virtualizzare” qualunque concetto. Del resto, anche le idee di questa maggioranza appaiono piuttosto retrò. E allora le messianiche speranze che una cospicua parte del derelitto Pd mantiene su una rottura tra i due partner di governo sembrano destinate a rimanere tali. Anche dopo le incendiarie dichiarazioni di Alessandro Di Battista nei confronti della Lega e dei 49 milioni di “maltolto da restituire” le acque nella maggioranza, almeno in superficie, appaiono quantomai chete. Salvini non è caduto nel tranello di “Dibba” e ha spento le parole di fuoco dell’ingombrante post grillino come “una faccenda interna al movimento 5Stelle”. Se la veda di Maio, cioè. Per carità, con questi politici tutto può accadere. Magari nella costruzione della manovra perché, come si ostina ad affermare Tria e per dirla alla Lino Banfi “non c’è trip per gli chat” (“niente trippa per i gatti”). Flat tax, reddito di cittadinanza e riforma della Fornero rischiano di restare sogni mostruosamente proibiti per colpa di quel tignoso spread che non molla la presa sulla nostra economia. E allora sì che potrebbe arrivare la rottura, giusto per rinfacciarsi le responsabilità sulle mancate promesse e capire a chi darebbe fiducia l’elettorato. Operazione spregiudicata e un tantino a rischio che, con ogni probabilità, né Salvini, nonostante il crescente consenso virtuale e neppure Giggino Di Maio, che invece si vede punito nei sondaggi, vogliono tentare.
Da qui il flash back sulla Prima Repubblica, peraltro nella fase agonica e come la Terza messa in musica dal punto di vista elettorale con lo spartito proporzionale che fa nascere le maggioranze dopo e non prima l’apertura delle urne. Chi ha avuto la ventura di vivere in maniera consapevoli gli anni ’80, quelli degli Yuppies e della Milano da bere ricorderà il governo di pentapartito, cinque forze politiche, anche se quelle che contavano davvero erano due: la Dc dei tanti leader e il Psi di un solo assolutistico capo, Bettino Craxi.
Ebbene i 5Stelle del post grillismo e la nuova Lega del secondo Matteo sono la versione aggiornata, se in meglio o in peggio lo giudichino i lettori, della Dc e del Psi. La grande Balena Bianca che teneva in pancia tutto e il suo contrario non è tanto differente dai Cinque Stelle. Non a caso appena indossata la grisaglia ministeriale, Di Maio è stato accostato per i toni felpati dai vecchi notabili scudocrociati. L’arrembante Salvini assomiglia tanto a Bettino d’antan. Ha preso il partito e lo ha rivoltato come un calzino, come face all’epoca Craxi con un polveroso Psi. E, a guisa di Bettino passa la vita sotto i riflettori, cercando di togliere il più possibile la scena agli alleati per compensare il deficit di consenso, missione stando ai sondaggi ormai compiuta. Persino nelle tendenze autoritaristiche che a volte sono erroneamente attribuiti a Salvini, il numero uno della Lega ricorda il leader del Garofano, spesso raffigurato da Forattini quando era ancora Forattini in fez e stivaloni. Chiaro che si parla del Craxi politico. Se qualche malizioso volesse accostare la vicenda del 49 milioni alle sventagliate giudiziarie di Tangentopoli, sarebbe fuori strada. Per tornare alla politica, anche allora Dc e Psi pur governando insieme e spartendosi i ministeri più importanti, avevano obiettivi diversi e tentavano di conquistarli in spregio all’alleato.
E non se le mandavano a dire. Craxi augurò una volta alla vecchia volpe Andreotti un destino in pellicceria. Il divo Giulio quando gli fu riferito che Bettino avrebbe annunciato di tagliarsi gli attributi se la presidenza di un certo istituto bancario fosse finita alla Dc, cosa puntualmente avvenuta, domandò se avesse onorato l’impegno. Come scordare poi delle lotte tra il capo del Psi e De Mita che strizzava l’occhio al Pci, cioè alla sinistra (vedi alla voce Fico)? Eppure la Dc e Psi governarono insieme per anni, fino al declino della Prima Repubblica, quando le vicende giudiziarie e la caduta del Muro Berlino spazzarono via in un amen i due storici partiti. Sarà così anche per 5Stelle e Lega? Una lunga coabitazione di potere a colpi di dita negli occhi? Chissà. Nel caso avrebbe ancora una volta ragione il Gattopardo: in Italia tutto deve cambiare perché nulla cambi.
@angelini_f
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